Lo sciopero di otto ore del 20 giugno ha coinvolto i lavoratori metalmeccanici su tutto il territorio nazionale – il quinto dall’inizio della mobilitazione, per un totale di 40 ore – non sembra aver preoccupato troppo Federmeccanica e Assistal. Le due associazioni datoriali, che rappresentano le imprese del settore metalmeccanico e dell’impiantistica, parlano infatti di una media nazionale di adesione ferma al 20%, sulla base delle “rilevazioni parziali finora acquisite”. Quelle definitive però non si dovrebbe scostare troppo da quelle iniziali.
Un dato che, per le parti datoriali, servirebbe a ridimensionare l’impatto della protesta e a rafforzare la propria posizione nel confronto con il sindacato, accusato – ancora una volta – di aver abbandonato unilateralmente il tavolo negoziale dal 12 novembre scorso per “scegliere la strada del conflitto”.
Ma Federmeccanica e Assistal non si limitano a difendersi dalle accuse di stallo contrattuale: nella nota diffusa nei giorni scorsi, puntano a ribaltare la narrazione secondo cui la mancata firma del nuovo contratto nazionale, ad un anno dalla scadenza, danneggerebbe i lavoratori. Anzi, il messaggio che passa è quasi rassicurante: nonostante il contratto sia scaduto, i lavoratori “continuano a ricevere adeguamenti economici e tutele”.
A giugno, infatti, scatteranno:
Secondo le imprese, il CCNL, pur non essendo rinnovato, continua a garantire il potere d’acquisto dei lavoratori, facendo leva su automatismi e prestazioni integrative che vengono presentati come “ristoro” sufficiente in un contesto inflattivo ancora elevato.
Nel confronto con il sindacato – ad oggi fermo – Federmeccanica e Assistal affermano di aver già risposto alla Piattaforma Sindacale con una proposta concreta, che prevede:
Un’apertura, secondo gli industriali, che dimostrerebbe la disponibilità al dialogo “nel rispetto delle regole”, a fronte di una posizione sindacale “ancorata a pregiudiziali”.
L’impressione che si ricava dalla comunicazione di Federmeccanica e Assistal è chiara: i lavoratori devono ritenersi comunque fortunati, anche con un contratto nazionale scaduto. I pochi pezzi ancora funzionanti del contratto – gli aumenti IPCA e i benefit da 200 euro – vengono esaltati come dimostrazione che “il sistema regge”, e che quindi non c’è urgenza di un rinnovo.
Ma per i lavoratori in sciopero, la questione è ben diversa: ciò che viene chiesto è un adeguamento salariale vero, in linea con l’inflazione reale, non un aumento tecnico calcolato su un indice depurato. E soprattutto, più stipendio diretto e meno welfare condizionato, che spesso si traduce in buoni da spendere e non in soldi liquidi.
Il cuore dello scontro, dunque, resta tutto qui: da un lato, le imprese che sottolineano la continuità delle prestazioni “a contratto scaduto” come un risultato da rivendicare; dall’altro, i sindacati e i lavoratori che chiedono soldi veri in busta paga, perché i costi della vita non si pagano coi benefit.
La distanza tra le due posizioni rimane ampia. Ma mentre il conflitto prosegue, il messaggio che Federmeccanica e Assistal lanciano ai lavoratori sembra suonare così: “il contratto è scaduto, ma per adesso vi diamo comunque qualcosa”.