Secondo il quotidiano romano Il Tempo, il vero ostacolo al rinnovo dei contratti pubblici sarebbe la Cgil di Maurizio Landini, che giudica insufficienti gli aumenti offerti dal Governo.
I contratti già firmati riguardano i lavoratori delle Funzioni Centrali (statali) e della Sanità pubblica. In entrambi i casi, gli aumenti in busta paga sono pari a circa il 7% lordo, ovvero “circa 170 euro lordi medi al mese”, scrive Il Tempo. Tradotto: meno di 100 euro netti al mese.
La Cgil ha detto no. “Peccato, però, che la Cgil si fosse comunque opposta insieme alla Uil”, si legge. E i contratti sono stati firmati solo grazie agli altri sindacati (CISL in testa) che hanno garantito la maggioranza al tavolo (50%+1).
Nel caso della Sanità, l’accordo è stato possibile “grazie al sindacato autonomo Nursing Up, che ha invertito la rotta rispetto all’iniziale no e ha firmato”.
Situazione bloccata invece nel comparto delle Funzioni Locali: lavoratori dei Comuni, Province, Regioni, Città metropolitane.
Qui Cgil e Uil rappresentano oltre il 50% e la trattativa non va avanti proprio per la loro opposizione. Il Tempo scrive che Landini “non considera le ingenti risorse già stanziate sia per chiudere la tornata 2022/2024, sia per aprire quella 2025/2027”.
Cgil e Uil avanzano una richiesta considerata impraticabile: recupero triennale dell’inflazione, per un totale di 32 miliardi di euro, pari a “un’intera legge di bilancio”.
Secondo Il Tempo, è una posizione irrealistica e puramente politica. “Quello che fa Landini è giocare al rialzo… con il solo scopo di attaccare il Governo accusandolo di essere contro i lavoratori”.