Arretrati e Stipendi Non Pagati: Meloni Tenta il “Golpe d’Estate” ai Danni dei Lavoratori

Sta facendo discutere — e non potrebbe essere altrimenti — l’emendamento 9.0.100 al cosiddetto Decreto Comparti Produttivi (DL 92/2025), attualmente in discussione al Senato. Un intervento legislativo che, se approvato, rappresenterebbe un durissimo colpo per milioni di lavoratori italiani, e che suona come una resa totale dello Stato di diritto davanti agli interessi delle grandi aziende.

L’emendamento introduce l’articolo 9-bis: “Termini di prescrizione e di decadenza in materia di crediti di lavoro e determinazione giudiziale della retribuzione dei lavoratori”. Un titolo tecnico che nasconde un intento chiarissimo: limitare drasticamente il diritto dei dipendenti a ottenere giustizia per stipendi non versati, straordinari non pagati e indennità mai corrisposte.

Cosa cambia con la nuova norma

Ad oggi, i lavoratori possono richiedere il pagamento degli arretrati entro cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Ma l’emendamento firmato Fratelli d’Italia, con il placet del governo Meloni, stabilisce che quei cinque anni comincino già durante il rapporto di lavoro, per le aziende con più di 15 dipendenti. Non solo: se il lavoratore invia una diffida, avrà solamente 180 giorni per agire in giudizio, pena la decadenza del suo diritto.

Una modifica che complica enormemente la vita del lavoratore medio: chi mai, infatti, si sentirebbe libero di denunciare il proprio datore mentre è ancora impiegato, col rischio concreto di ritorsioni, isolamento professionale, se non addirittura il licenziamento?

Un’operazione chirurgica… sotto l’ombrellone

Non è un caso che l’emendamento sia stato presentato in piena estate, in un momento in cui l’attenzione mediatica — soprattutto quella sull’attività legislativa — cala drasticamente. Tra ferie, viaggi, gossip da spiaggia e notizie di calciomercato, l’informazione istituzionale finisce spesso ai margini del dibattito pubblico. Una scelta tattica e consapevole, che punta ad abbassare la soglia di attenzione e reazione da parte dell’opinione pubblica e dei sindacati.

Sindacati uniti contro l’emendamento

Contro questa proposta di legge si sono schierati con decisione tutti i sindacati confederali. Dalla CGIL alla UIL, fino alla CISL che, pur non essendo apertamente contrapposta al governo Meloni, ha comunque scelto di non voltarsi dall’altra parte e ha condannato senza esitazioni l’emendamento. Una convergenza rara e significativa che conferma la gravità del tentativo in atto: smantellare uno degli ultimi strumenti di tutela effettiva dei lavoratori.

Il caso emblematico di Poste Italiane

Uno dei casi più emblematici è quello di Poste Italiane, contro cui l’Associazione Precari in Rete ha già denunciato sistematiche irregolarità nei pagamenti delle ore lavorative. Con la nuova norma, migliaia di lavoratori si vedrebbero costretti ad agire contro l’azienda mentre sono ancora dipendenti, mettendo a rischio il proprio sostentamento.

Questo scenario rivela un’evidente volontà politica: scoraggiare le rivendicazioni salariali, proteggendo chi ha sistematicamente abusato della posizione di forza.