L’Anticipo del TFR o del TFS può costare molto caro: Statali penalizzati

Il 25 aprile 2024 l’INPS ha sospeso la possibilità di richiedere l’Anticipo del TFR (Trattamento di Fine Servizio) e del TFS (Trattamento di Fine Rapporto) per esaurimento dei fondi stanziati. Una decisione che ha lasciato migliaia di pensionati del settore pubblico in difficoltà economica, dopo aver contato su una misura che negli ultimi anni era diventata una via concreta per ottenere subito una parte delle spettanze maturate durante la carriera lavorativa.

Perché non si può più chiedere l’Anticipo del TFR

Il blocco è avvenuto a causa dell’esaurimento dei fondi disponibili nel bilancio dell’ente per il 2024. L’elevato numero di richieste presentate nei primi mesi dell’anno ha superato le previsioni, portando l’INPS a sospendere l’erogazione per nuove domande, in attesa di ulteriori istruzioni operative.

Il blocco dell’anticipo rappresenta un grave disagio per chi ha cessato il servizio e contava su quella liquidità per far fronte a spese importanti: mutui, debiti, cure sanitarie, supporto ai figli o semplicemente per avviare una nuova fase della vita con serenità.

La normativa italiana prevede che il TFS venga erogato fino a 24 mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro. In particolare:

  • 12 mesi in caso di pensionamento per limiti d’età o per raggiungimento dei requisiti;
  • 24 mesi in caso di dimissioni volontarie.

Inoltre, se l’importo supera determinati limiti, l’erogazione avviene in due o tre tranche, secondo il seguente schema:

Questo sistema di pagamento dilazionato, sommato ai lunghi tempi di attesa, priva i pensionati di un diritto maturato nel corso della loro vita lavorativa. L’anticipo INPS serviva proprio a colmare questa lacuna.

L’unica alternativa per ottenere l’Anticipo del TFR: rivolgersi alle banche (ma a caro prezzo)

Con la sospensione dell’INPS, l’unica strada percorribile resta quella della cessione del credito TFS/TFR alle banche o a società finanziarie convenzionate.

Tecnicamente, non si tratta di un prestito tradizionale: il pensionato cede alla banca il proprio credito verso l’INPS, che provvederà a versare direttamente all’istituto l’importo maturato alla scadenza. In cambio, il pensionato riceve subito l’intero o parte dell’importo, meno gli interessi e le spese di istruttoria.

Ma i costi possono essere molto alti:

  • Tassi di interesse fino al 9–10% annuo;
  • Spese di istruttoria e assicurazione obbligatorie;
  • Un anticipo di 100.000 euro può costare fino a 25.000 euro in interessi e spese.

Nonostante questi costi elevati, molti pensionati scelgono questa strada, pur di evitare lunghi tempi di attesa. Tuttavia, è fondamentale valutare con attenzione il contratto, chiedere simulazioni dettagliate e confrontare le offerte di più istituti.

I rischi nascosti del ritardo: inflazione e aggressione da parte di creditori

Oltre al danno economico immediato, il ritardo nella liquidazione del TFS espone il pensionato a ulteriori rischi finanziari:

  1. Deprezzamento del potere d’acquisto
    L’inflazione riduce il valore reale del TFS nel tempo. Attendere uno o due anni può significare ricevere una somma che oggi ha un potere d’acquisto inferiore, specialmente in contesti economici instabili.
  2. Possibilità di pignoramento
    Il TFS, in quanto credito esigibile, può teoricamente essere aggredito da eventuali creditori nel momento in cui viene liquidato. Ritardare la riscossione aumenta il rischio che eventuali debiti (fiscali, bancari, ecc.) ne compromettano la disponibilità futura.

Questi elementi spingono molti pensionati a considerare anche costose alternative private pur di ottenere subito il TFS, prima che l’importo venga eroso da altri fattori esterni.

In conclusione, è stata scaricata su una fascia debole, i pensionati, parte del costo del debito pubblico e del Patto di Stabilità.