Pensioni statali, arriva la stangata: ricalcoli INPS e soldi da restituire per chi è uscito dopo il 2022

Negli ultimi mesi l’INPS ha acceso un faro sulle pensioni statali liquidate di recente. Il motivo? La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto una particolare “sanatoria” per i contributi che le Pubbliche Amministrazioni non avevano versato in passato.
Ministeri, scuole, comuni, ospedali e altre amministrazioni, infatti, potevano regolarizzare le loro posizioni fino all’anno 2004 semplicemente inviando i dati mancanti, senza però pagare i contributi arretrati.
Ora l’INPS deve ricalcolare alcune pensioni per verificare se, con i dati aggiornati, gli importi liquidati negli ultimi anni siano corretti.

Chi rischia davvero il ricalcolo

La circolare n. 118/2025 dell’INPS ha fissato regole molto precise.

  • A rischio: chi è andato in pensione dopo il 2022. In questi casi, se l’Istituto scopre che la pensione è stata calcolata con importi più alti rispetto al dovuto, può chiedere la restituzione delle somme. Lo stesso vale per TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e TFS (Trattamento di Fine Servizio).
  • Al sicuro: chi è andato in pensione da più di tre anni non subirà alcun taglio né dovrà restituire soldi. Se ci sono errori, sarà l’amministrazione pubblica a doversi occupare della differenza con l’INPS.

Questo significa che l’attenzione è puntata soprattutto su chi ha lasciato il lavoro negli ultimi tre anni, cioè tra il 2022 e il 2025.

TFR e TFS sotto la lente: possibili sorprese

Il ricalcolo non riguarda solo la pensione mensile, ma anche le liquidazioni. Il TFR e il TFS, che rappresentano una parte importante dell’uscita dal lavoro, sono infatti inclusi nei controlli.
Se un ex dipendente pubblico ha ricevuto più del dovuto, l’INPS potrà chiedere indietro i soldi. La restituzione non sarà simbolica: si parla di migliaia di euro, soprattutto nei casi di carriere lunghe.

Ma attenzione: non è detto che finisca sempre male. Ci sono anche casi in cui il ricalcolo porta buone notizie. Se l’INPS accerta che il pensionato ha percepito meno del dovuto, scatterà l’aumento della pensione e il pagamento degli arretrati.

Esempi pratici: quando si perde e quando si guadagna

Per capire meglio, immaginiamo due situazioni:

  • Caso 1 – Pensione più alta del dovuto: un ex dipendente pubblico in pensione dal 2023 riceve 1.600 euro al mese. Dopo i controlli, emerge che gli spettavano solo 1.550 euro. In questo caso, dovrà restituire circa 50 euro per ogni mese già pagato in più. In un anno, fanno circa 600 euro da rimborsare.
  • Caso 2 – Pensione più bassa del dovuto: un pensionato riceve 1.400 euro al mese. Con i ricalcoli, risulta che gli spettano 1.450 euro. In questo caso l’INPS dovrà versare l’aumento e anche i soldi arretrati, cioè circa 50 euro per ogni mese trascorso.

Questi esempi mostrano come il ricalcolo possa trasformarsi sia in una stangata sia in un’occasione di rimborso.

Cosa fare adesso se sei un pensionato

Chi è andato in pensione prima del 2022 non deve preoccuparsi: nessun ricalcolo, nessuna restituzione.
Chi invece ha smesso di lavorare negli ultimi tre anni deve tenersi informato. L’INPS invierà comunicazioni ufficiali ai diretti interessati. Sarà possibile controllare la propria posizione online, tramite il portale INPS, oppure rivolgendosi ai patronati.
La regola è chiara: i ricalcoli riguardano solo i trattamenti liquidati di recente. Se c’è un errore, la conseguenza può essere un taglio o un aumento dell’assegno.