Stipendi Statali, parte la Trattenuta per l’Anticipo Contratto [TUTTI GLI IMPORTI]

A distanza di 8 mesi dalla firma definitiva del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) delle Funzioni Centrali, avvenuta il 27 gennaio 2024, la situazione degli arretrati per i dipendenti pubblici si è chiarita. In particolare, la questione ha riguardato chi nel frattempo è andato in pensione tra il gennaio e l’ottobre 2024. Questi lavoratori hanno infatti scoperto di dover restituire parte dell’anticipo ricevuto a dicembre 2023, in virtù del cosiddetto Decreto Anticipi emanato dal Governo nell’autunno precedente.

Mentre inizialmente si temeva una sollevazione di proteste, la realtà, 8 mesi dopo, mostra che le lamentele non hanno superato qualche commento critico su Facebook e altre piattaforme social. La vicenda, pur restando una beffa per chi si è trovato in debito, non ha assunto le dimensioni di un vero e proprio caso nazionale.

Perché alcuni pensionati devono restituire l’acconto

Il Decreto Anticipi del 2023 prevedeva l’erogazione, in un’unica soluzione, di un acconto sugli aumenti contrattuali spettanti per il 2024. La misura fu accolta con favore dai dipendenti pubblici ancora in servizio, perché garantiva un’immediata boccata d’ossigeno economico in un contesto di inflazione elevata. Tuttavia, con la firma definitiva del CCNL, si è generata una discrepanza per chi è andato in pensione prima di percepire interamente gli effetti del rinnovo.

Secondo le norme applicative, chi ha lavorato solo parte dell’anno non aveva diritto all’intero anticipo, ma solo a una quota proporzionata al servizio effettivamente svolto. Da qui l’obbligo di restituzione.

Le cifre da restituire: chi ha pagato di più

Le somme da restituire variano in base alla fascia di inquadramento e al mese di pensionamento. Più precoce è stata l’uscita dal lavoro, maggiore è l’importo da restituire. Un funzionario di fascia alta andato in pensione a gennaio 2024, ad esempio, ha dovuto restituire oltre 1.400 euro. Al contrario, chi ha lasciato il lavoro negli ultimi mesi del 2024 non ha dovuto restituire nulla, o addirittura si è trovato con un saldo positivo.

Ecco una tabella riassuntiva basata sui dati forniti dalle amministrazioni:

In rosso gli importi da restituire nel mese di pensionamento

Come si vede, i più penalizzati sono stati i pensionati dei primi mesi dell’anno, con una forbice che progressivamente si è ridotta fino ad annullarsi nell’autunno.

Le ragioni di un “errore” prevedibile

La vicenda ha evidenziato un difetto di programmazione da parte del Governo. L’erogazione dell’intero anticipo in un’unica soluzione, senza tenere conto delle uscite per pensionamento, ha generato una situazione che ha colpito in particolare chi aveva meno tempo davanti a sé per recuperare le somme percepite. Una decisione che, col senno di poi, poteva essere evitata introducendo meccanismi di calcolo più equi, ad esempio una liquidazione dell’anticipo proporzionale ai mesi di servizio rimanenti.

Il presidente dell’ARAN, Antonio Naddeo, ha chiarito la posizione ufficiale: “Era un acconto stipendiale pagato per l’intero anno in un’unica soluzione, stabilito da una norma. Se un dipendente ha lavorato solo parte dell’anno, non ha diritto ad avere l’intero acconto. Le disposizioni applicative sono state stabilite dalla legge e dal MEF. Il contratto non poteva disporre nulla”.

Una risposta che ribadisce la legittimità delle restituzioni, ma che non cancella l’amaro in bocca lasciato ai pensionati coinvolti.

Proteste civili ed educate

Sorprendentemente, la vicenda non ha dato luogo a proteste di massa.

Sui social non mancano i commenti negativi da parte di chi si è sentito “beffato” dal sistema. Tuttavia, la protesta non ha superato i confini digitali.

Se, da un lato, l’anticipo ha permesso a migliaia di dipendenti di affrontare meglio le difficoltà economiche del 2023, dall’altro ha lasciato un segno amaro su chi, in pensione da mesi, si è trovato a dover restituire cifre consistenti.