Molti pensano che i messaggi scambiati in una chat privata, come WhatsApp, restino riservati e senza conseguenze. Ma non è sempre così: in alcuni casi, ciò che si condivide può portare a sanzioni disciplinari o addirittura al licenziamento, soprattutto se si riveste un ruolo pubblico o si lavora in determinati ambiti.
Anche se un contenuto viene inviato a pochi contatti, può comunque finire fuori controllo e diventare virale. È quello che è successo in un caso recente, in cui un uomo è stato sanzionato per aver condiviso un video personale in una chat tra amici.
Il filmato, in cui di notte correva nudo sulla neve, è stato poi diffuso da altri utenti fino ad arrivare ai suoi superiori. Questo ha portato all’apertura di un procedimento disciplinare.
In questo caso specifico, la persona coinvolta era un assistente di polizia. Anche se il video non mostrava simboli ufficiali o elementi che lo rendessero riconoscibile come agente, secondo i giudici il comportamento non era compatibile con il decoro richiesto a chi lavora nelle forze dell’ordine.
Chi lavora nella pubblica amministrazione, infatti, è tenuto a mantenere una condotta rispettosa anche nella vita privata, perché rappresenta un’istituzione. I giudici hanno sottolineato che anche un comportamento goliardico o scherzoso, se troppo spinto, può danneggiare l’immagine dell’amministrazione.
Il dipendente aveva provato a difendersi dicendo che si trattava di una competizione sportiva estrema e che aveva condiviso il video solo con pochi amici. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha confermato la sanzione, ritenendo che il comportamento fosse incompatibile con il ruolo di pubblico ufficiale, anche se il dipendente non era riconoscibile nel filmato.
Non è la prima volta che i giudici sanzionano un pubblico ufficiale per un uso scorretto della loro immagine su chat private.
Per esempio, a Modena, un capo dell’Esercito aveva inviato foto in divisa via WhatsApp a un possibile acquirente di un cane per garantire la propria serietà. Anche in questo caso, è scattata la sanzione, perché l’uso dell’uniforme per fini privati è vietato.
La situazione cambia quando si parla di dipendenti privati. In questi casi, i giudici tendono a essere più tolleranti.
Per esempio, se due colleghi criticano e offendono un superiore in una chat chiusa, questo non è considerato un motivo sufficiente per il licenziamento, come confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5936 del 6 marzo 2025.
In questo caso, infatti, a prevalere è la segretezza della conversazione e trattandosi di dipendenti di una società privata, il fatto è considerato meno grave.