Roma, 20 luglio 2020 – Il nemico invisibile che ha provocato la pandemia ha messo alla luce tutte le inefficienze del SSN e speravamo che i nostri governatori capissero che investire nella salute significa salvaguardare l’economia della Nazione. Invece sembra che non sia successo niente e continua la mortificazione e la inesorabile distruzione della salute pubblica, colpendo in maniera vergognosa il sistema che ha garantito le cure immediate ai cittadini colpiti dall’implacabile virus. L’emergenza territoriale ha consentito il filtro e la mappatura dei focolai epidemici, con grande rischio per gli operatori. I medici dell’emergenza territoriale hanno un elevato rischio fisico e di contrarre malattie infettive, svolgono la loro attività in qualsiasi condizione climatica e ambientale e hanno un elevato numero di turni notturni e festivi. Questi stessi medici non solo rischiano di restare precari per tutta la vita, ma hanno un sistema privatistico per malattia e infortunio, non hanno diritto a tutte le agevolazioni familiari e parentali dei dipendenti, nonostante questo continuano imperterriti a svolgere con abnegazione quel lavoro che tanto li appassiona. E’ proprio vero che l’amore è cieco, ma a tutto c’è un limite! L’ultima trovata di alcune regioni è quella di procedere alla decurtazione di una parte importante della retribuzione dei medici convenzionati del Sistema di Emergenza Territoriale 118 e ad attivare azioni di recupero per cifre ingenti, in relazione ad una arbitraria interpretazione dell’ACN sulle cosiddette prestazioni aggiuntive. Tali azioni nascono da un vulnus contrattuale stabilitosi nell’ACN del 2005 che dimentica le cosiddette prestazioni aggiuntive che facevano parte della retribuzione dei medici convenzionati di emergenza territoriale fin dal 1999. Nel 2005 l’Accordo nel definire omnicomprensiva la retribuzione per le prestazioni erogate dai medici di emergenza territoriale “dimentica” di includere anche tali prestazioni aggiuntive. E’ evidente che l’accordo del 2005, se non avesse tenuto dentro tali indennità, sarebbe stato chiuso in perdita, cioè con una netta riduzione della retribuzione. Togliere 5,16 euro l’ora per 168 ore al mese significa decurtare di 866 euro al mese uno stipendio netto di 3200 euro mensili. Sarebbe poi necessario recuperare gli ultimi 10 anni. Senza chiedere una interpretazione autentica alla SISAC, alcune Regioni d’Italia hanno iniziato a ridurre lo stipendio di questi professionisti che sino a qualche mese fa erano parte di quegli eroi tanto falsamente osannati. A questo punto conviene direttamente far sparire il Ministero della salute, tanto a cosa servirà nel prossimo futuro quando la salute sarà solo per chi se la può permettere? Ridurre gli stipendi di questi medici di serie B equivale a distruggere l’emergenza territoriale e si è visto quanto il territorio sia importante anche per ridurre la diffusione dei contagi. La CISL Medici non ha intenzione di stare a guardare e chiede con forza a chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini di intervenire con i fatti e non con le proclamazioni, dando dignità a chi ha permesso di affrontare l’emergenza sanitaria grazie alla abnegazione e al senso di responsabilità che garantisce ai cittadini il diritto alla cura costituzionalmente sancito.
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Fonte: cisl.it