Succede a Taranto, dove il sindacato di base Slai cobas ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica, all’INPS e all’Ispettorato del Lavoro territoriali chiedendo “di non autorizzare la cassintegrazione Covd-19 per tutti i periodi richiesti da ArcelorMittal Italia e di disporre che ArcelorMittal restituisca agli operai posti in cig Covid la differenza tra l’indennità percepita e la retribuzione normale”. Inoltre chiede alla Procura di agire nei confronti dei responsabili “previo accertamento dei fatti, ove ravvisi la ricorrenza di fattispecie penalmente rilevanti”.
Il motivo? “La cassintegrazione era stata già programmata e attuata da ArcelorMittal mesi prima, già dal 2019, indipendentemente dall’emergenza pandemia, per crisi del mercato dell’acciaio; pertanto una parte, circa 3200, degli operai a rotazione era già in cassaintegrazione ordinaria prima del lockdown e dei Dpcm che hanno introdotto e prorogato la cig per Covid-19“ si legge nell’esposto.
L’azienda “dall’uscita del decreto Cura Italia, ha poi continuato a prorogare la cassintegrazione senza soluzione di continuità, ma ha cambiato la motivazione da cassintegrazione ordinaria a cassintegrazione per Covid-19, al solo fine di risparmiare, dato che la cassa Covid consente all’azienda di spendere meno rispetto alla cassa ordinaria e di evitare eventuali verifiche da parte dell’Inps come avviene nelle richieste di cassa ordinaria” si legge ancora nell’esposto.
“Per gli operai posti in cassintegrazione Covid, questo cambio di motivazione ha comportato un pesante taglio dell’indennità di cig rispetto a quella ordinaria, arrivando a percepire solo il 58%, con pesanti e in alcuni casi anche drammatiche conseguenze sulle condizioni di vita proprie e dei familiari” viene evidenziato.
Inoltre viene sottolineato che nelle settimane in cui l’epidemia mordeva, l’azienda avrebbe dovuto mettere gli operai (circa 5mila addetti) “in sicurezza a casa (mantenendo solo un minimo di forza in fabbrica per la salvaguardia degli impianti) e non l’ha fatto, invece nella “fase 2” dell’emergenza e con la nuova cig covid chiesta, per ora fino a metà agosto, sta ponendo fuori dalla fabbrica migliaia di operai. Lo scopo è di beneficiare della cassa Covid per tutto il periodo possibile, per poi agganciare subito dopo la cassa integrazione ordinaria già prevista” denuncia ancora lo Slai cobas nel suo esposto.
“In questo modo il periodo complessivo di cassintegrazione si allunga per i lavoratori e viene perpetrata una truffa allo Stato” sostiene il sindacato di base.
Fonte: Corriere di Taranto