I dati dei giorni scorsi sul numero dei test sierologici a cui si sono sottoposti gli insegnati sono contrastanti. Si è detto che a distanza di pochi giorni solo lo 0,7% lo aveva fatto e che il 30%, poi rettificato in 15%, si era espressamente rifiutato dietro invito del proprio medico di base. Al di là del rimpallo di responsabilità è pur sempre necessario domandarsi se il test rientra tra le indagine statistiche – a cui alludono le email ricevute dagli insegnanti – oppure è una questione di sicurezza sanitaria, come sottolineano gli appelli degli esperti?
A sottolineare queste problematiche è il quotidiano il manifesto di oggi in Edicola che approfondisce la questione con un la Prof.ssa Antonella Viola, Immunologa presso l’Università di Padova:
«Questi test sono importanti dal punto di vista dell’indagine epidemiologica» spiega al manifesto l’immunologa Antonella Viola. «Ma non sono uno strumento diagnostico, perché non servono a identificare le persone positive. Se una persona è negativa, potrebbe essere contagiata ma non avere avuto il tempo di sviluppare gli anticorpi, per i quali servono più giorni». Si sarebbe potuto fare altrimenti, per mettere in sicurezza le scuole? «Impensabile eseguire tamponi su tutti, personale e studenti. Si sarebbe potuto puntare sulla sorveglianza, visto che ora disponiamo di test rapidi come quelli utilizzati negli aeroporti» spiega Viola».
Dunque secondo l’Immunologa dell’Università di Padova il test sierologico è un dato utile per le indagini statistiche in campo sanitario e non un strumento per contrastare il diffondersi del virus: più utile sarebbe stato il test per misurare la temperatura corporea all’ingresso a scuola.