L’incontro tra Confindustria e sindacati di ieri è servito per riprendere le fila della discussione sulla riapertura dei tavoli di rinnovo dei CCNL e l’attuazione del Patto della fabbrica del 2018, ancora scarsamente replicato dai vari settori industriali.
Il nodo della questione è sempre lo stesso: il salario. Il Patto della fabbrica prevede, da un lato, aumenti minimi da parte del contratto nazionale allineati all’inflazione programmata, oggi bassa, e dall’altra il salario di produttività definiti a livello aziendale, ambito in cui – per gli industriali – può esserci più spazio per gli aumenti economici.
E i lavoratori dipendenti delle aziende che non hanno un accordo a livello aziendale? E’ proprio questo il tema centrale che segnalano i sindacati e che viene sottolineato sulle colonne del quotidiano La Stampa in Edicola oggi:
“Cgil, Cisl e Uil confermano lo schema ma hanno il problema di dare risposte anche a quei lavoratori che i contratti di secondo livello continuano a sognarseli“.
La posizione di Confindustria, espressa con le parole del suo Presidente, è differente: “Per Bonomi «occorre considerare tutte le voci», il salario di base (il Tem, trattamento economico minimo) ma visto che poi «il conto è unico» occorre guardare anche al «Tec», il trattamento economico complessivo che oltre agli integrativi comprende anche assistenza e welfare”.
Dunque per Confindustria i lavoratori senza contratto aziendale pur se non beneficeranno del salario ”aggiuntivo”, quello di produttività, potranno accedere alle forme di assistenza e welfare che gli industriali hanno messo in campo, a livello nazionale, per tutti i settori, che per le aziende sono in ogni caso un costo.