I divieti, si sa, nella legislazione del lavoro hanno vita breve. E il caso del divieto di licenziamento non costituisce eccezione.
Confermata con l’ultimo Decreto agosto – in questi giorni al Senato per la sua conversione in legge – fino a che il datore di lavoro ha a disposizione la cig o gli sgravi contributivi, la norma che stabilisce il blocco del licenziamento per giustificato motivo oggettivo presenta anche vie di uscita alternative, tra cui l’accordo sindacale aziendale che per superarlo.
Come si realizza questo accordo ce lo dice il portale di consulenza Ipsoa Quotidiano. “Aziende e lavoratori possono accordarsi sull’adesione a un piano incentivato per l’uscita anticipata sulla base di un accordo collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale“ scrive Eufranio Massi su Ipsoa.
Questa soluzione sarebbe realizzabile sindacalmente ”con esclusione (salvo modifiche in sede di conversione del decreto Agosto) delle RSU e delle RSA“, poichè non titolati dalla legge a derogare al blocco. La firma quindi spetterebbe al sindacato territoriale.
E i lavoratori? Che ruolo avrebbero nell’accordo? Il loro consenso è essenziale per la tenuta dell’accordo e per la legittimità del licenziamento. Conseguentemente avrebbero diritto all’“indennità di disoccupazione per la quale i datori di lavoro dovranno pagare il contributo di ingresso alla NASpI che, per un dipendente con un’anzianità pari o superiore a 36 mesi, arriva, nel 2020, a 1.509,87 euro, pur se il rapporto a tempo indeterminato si è svolto a tempo parziale”.
Fonte: www.ipsoa.it