Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 si è parlato molto di lavoro agile o smart working come alternativa lavorativa “stabile” al lavoro standard, anche al fine di contenere il numero di contagi. Sulla questione sono poi emersi una serie di contenziosi relativamente all’erogazione dei buoni pasto.
Lo smart worker, secondo quanto stabilito dall’articolo 20 della legge 81/2017, ha diritto ad una retribuzione equivalente e non inferiore a quella applicata a coloro che lavorano dalla postazione aziendale, ma per quanto concerne il buono pasto le regole sono differenti?
Ad offrire una possibile risposta è il quotidiano economico Il Sole 24 Ore in edicola oggi:
“Secondo la giurisprudenza, i buoni non hanno natura retributiva e in quanto tali, se la loro erogazione è legata a una decisione unilaterale dell’azienda, possono non essere riconosciuti durante le giornate di lavoro agile. Se, invece, sono previsti da un contratto collettivo o individuale, allora per non erogarli occorre concordare una modifica dell’accordo.”
Dunque, i buoni pasto sono dei fringe benefits che “compensano” l’assenza servizio mensa all’interno dell’azienda. L’erogazione di tali buoni in regime di smart working attualmente non è regolata da alcuna legge istitutiva, resta aperta la possibilità dell’accordo tra le parti, ovvero azienda e dipendente, sia per la stabilirne il diritto sia per rimuoverlo.
Manuel Baldi