Il PresidentE di Confindustria Carlo Bonomi ieri durante la presentazione del rapporto del Centro studi della sua organizzazione sulla crisi economica – alla presenza del Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri – ha colto l’occasione per lanciare qualche frecciatina ai sindacati, in particolare sulla rottura del rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici, interrotto per un scontro tra domanda e offerta in tema di salari.
Alla richiesta sindacale di aumento di 145 euro (pari all’8% in più sui minimi) le confindustriali Federmeccanica e Assistal hanno proposto di far salire i salari di 40 euro lordi per tre anni, in linea con l’Ipca, l’indice che misura il tasso d’inflazione armonizzato per i Paesi dell’Ue. «Se il sindacato non ha più interesse queste regole lo dica» ha detto Bonomi ieri.
Gli accordi tra Confindustria e sindacati, infatti, prevedono che gli aumenti siano regolati con l’indice Ipca, ma come sottolinea il manifesto oggi in edicola:
“Questo meccanismo non funziona più in un’epoca di deflazione come la nostra. Bonomi sostiene che «non è colpa nostra se l’inflazione è bassa». Appunto, è proprio questo il problema”. Quella dei sindacati è una ”valutazione politica della situazione e parlano dei sacrifici a cui i lavoratori sono stati costretti in questi mesi di cassa integrazione e rischio di licenziamento. Senza contare i prossimi. La crisi del Covid non è finita. In più, Federmeccanica avrebbe deciso il blocco dei salari prima della pandemia“.
E’ dunque evidente che dietro la posizione sindacale di non accettare l’aumento di 40 euro ci sia la volontà di mettere in discussione, di fatto, gli accordi interconfederali e quindi il ruolo dell’Ipca ritenuto non in grado di dare risposte ai lavoratori in questa fase critica.
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