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Lavoratori fragili, la storia: tumore al quarto stadio e niente stipendio. “Da oggi in aspettativa, cosa mangeranno i miei figli?”

“Lavoro in una ditta di pulizie, ho un tumore al quarto stadio. Non posso tornare al lavoro ma neanche stare a casa: da oggi sono in aspettativa retribuita senza stipendio, e non saprò più cosa dar da mangiare ai miei figli”. Raffaella Orfei ha 48 anni e da tre combatte contro il tumore al seno a suon di chemioterapici: Zometa, Letrozolo, Imbrance. Ha scritto al premier Conte e al governo: “Li ho pregati di non dimenticarsi dei ‘lavoratori fragili’ come me, prima soccorsi e poi abbandonati a loro stessi”

Raffaella sa che non guarirà, mai ma a spaventarla è altro: “A causa del mio stato di salute sono stata dichiarata inidonea al lavoro per i maggiori rischi di contagio, ho esaurito la malattia e l’azienda non ha potuto far altro che mettermi in aspettativa non retribuita: da oggi, se il governo non interverrà, non avrò più uno stipendio, non potrò provvedere a me stessa a due figli”. Da 13 anni Raffaella lucida pavimenti e scrivanie del Poligrafico dello Stato; uno Stato che si è dimenticata di lei e al quale sta chiedendo aiuto in tutti i modi. “Ho scritto a Conte, ho scritto al ministro Speranza. Ho supplicato tutte le istituzioni. Nessuno ha risposto”, racconta.

Porta una parrucca color corvino da Magamagò, “una parrucca fissa” precisa, con una filo di fierezza. Come altre migliaia di lavoratori affetti da patologie croniche gravi, anche Raffaella si è ritrovata orfana del “Cura Italia”. Il decreto di marzo aveva concesso loro il “beneficio” di poter stare a casa senza far scattare il licenziamento dopo 180 giorni con l’equiparazione dell’assenza alla malattia, dunque con uno stipendio via via ridotto a carico dell’Inps. Nelle successive proroghe è però questa forma di tutela è saltata, mentre è rimasto l’incentivo al “lavoro agile” che per alcune mansioni però, non si può svolgere da casa. Gli emendamenti presenti finora non hanno corretto il tiro, lasciando miglia di persone in un drammatico limbo.

Nella battaglia di Raffaella non ci sono “nemici” o colpevoli. “La ditta che poteva fare? Mi metto nei panni del mio datore. E’ un’azienda privata di pulizie: come la metti l’operaia o la cassiera in smartworking? Fai fare le pulizie da lontano? Ma questo vale per anche per il muratore, il montatore, il trasportista. Per tanti di noi”. La differenza tra “fragili” la fa solo la malattia. C’è chi è a rischio e c’è chi necessita di cura salvavita. Ma deve preoccuparsi soprattutto d’altro.

“Io ora sono in ferie ma le ho quasi finite e dal prossimo mese avrò solo 3 giorni di permessi della 104 e un giorno di congedo per la terapia del 28esimo giorno, ma gli altri giorni come li copro? Ho una pensione di invalidità di 408 euro ma senza stipendio non posso mantenere neanche me stessa, pagare l’affitto, le bollette, la spesa. Come posso vivere pagando l’affitto e con due figli a carico?”.

Neppure il governo è “nemico”. “Col Cura Italia ci ha aiutati e ora leggo che tutte le categorie bussano alla porta di Conte per chiedere aiuti, dai commercianti ai ristoratori, dallo spettacolo al turismo. Tutte richieste legittime e necessarie, per carità. Solo chiedo che di non dimenticare quelle che dovevano essere tutelate per prime e sono finite per ultime, diventando così invisibili da non meritare risposte”. Vero è che il problema parte da lontano, dai contrati nazionali di categoria che non tutelano adeguatamente i bisogni di salute dei malati gravi, neppure in circostanze normali. Il Covid lo sta solo mettendo in luce.

Il problema per Raffaella arriva da lontano. “Il vero “scandalo”, se così si può dire, sono i contrati nazionali di categoria che non vengono rinnovati, come nella multiservizi, e già in una situazione ordinaria non tutelano i bisogni di salute dei malati. Il Covid lo sta solo mettendo in luce”.

“Il ricovero ospedaliero viene conteggiato nel comporto della malattia; non abbiamo i due anni di aspettativa retribuita per stare a casa ma solo 30 giorni l’anno di congedo per terapia. Prima del virus dovevamo scegliere tra salute e lavoro, ora non abbiamo neppure una scelta. Le terapie negli ospedali si sono ridotte all’osso per far spazio alle cure dei positivi. Le poche tutele introdotte sono sparite. Parlo per tutte e tutti i malati di cancro: non dimenticateci”.

L’articolo Lavoratori fragili, la storia: tumore al quarto stadio e niente stipendio. “Da oggi in aspettativa, cosa mangeranno i miei figli?” proviene da Il Fatto Quotidiano.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it

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