Dal 10 novembre è in vigore il Decreto Ristori bis e i giudizi delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese seppur variegati nella sostanza coincidono.
Se Confartigianato Imprese plaude all’inclusione di alcune categorie di artigiani escluse dal primo decreto ristori ma chiede l’ampliamento a tutte le partite Iva (per approfondire clicca qui), Fipe-Confcommercio – l’organizzazione che rappresenta i pubblici esercizi come bar e ristoranti – pone l’accento sull‘inadeguatezza dei ristori per coprire i reali costi aziendali.
“Apprezziamo la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti, – scrive in una nota l’organizzazione con sede in Piazza Gioacchino Belli – ma purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto ristori bis non sono sufficienti a supportare i pubblici esercizi costretti a interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta. Questo nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto a quanto predisposto per il precedente decreto ristori”.
Cifre importanti quelle stanziate dal Governo per ristorare le chiusure di novembre ma che non riescono “a coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione (affitti, utenze, tfr, servizi, ecc.) che da soli si attestano a 2,4 miliardi.”
Infine, sottolinea la Fipe, “ricordiamo che solo per effetto delle ultime restrizioni che vedranno la chiusura forzata dei pubblici esercizi per il prossimo mese nelle regioni rosse e arancioni (il 38% del totale nazionale) andranno in fumo ancora tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro”
Fonte: fipe.it