“I rider delle piattaforme di food delivery devono essere qualificati come lavoratori subordinati, se la loro prestazione viene interamente organizzata dall’algoritmo“, lo scrive Il Sole 24 Ore in edicola oggi commentando la sentenza 7283/2020 del Tribunale di Palermo che mette un altro tassello sulla complicata vicenda della qualificazione dei ciclofattorini come autonomi (secondo le spinge delle piattaforme digitali) o subordinati (su questo puntano molto i sindacati).
Nel caso palermitano “la causa era stata avviata da un rider che era stato disconnesso contro la sua volontà dalla piattaforma con cui collaborava e aveva impugnato questa condotta come licenziamento orale, chiedendo anche che fosse accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro”.
”La sentenza – si legge sul quotidiano economico – ha accolto il ricorso partendo dalla considerazione che le piattaforme digitali non si limitano a mettere in contatto l’utenza, svolgendo una attività di mera intermediazione, ma svolgono una vera e propria attività di impresa che ha come oggetto la distribuzione di cibo e bevande a domicilio (viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia Ue C-434/15). Ma se possono considerarsi imprese, si apre la possibilità che i suoi collaboratori lavorino per conto delle stesse, mediante un rapporto di lavoro autonomo o subordinato”.