Roma, 16 dicembre 2020. Nella legge di bilancio e nel Decreto Ristori in discussione in Parlamento, nonché nel farraginoso e accidentato percorso degli emendamenti, non c’è traccia di una norma di sospensione ulteriore delle esecuzioni degli sfratti e delle procedure immobiliari, oltre la imminente scadenza del 31 dicembre. Questo significherebbe un sostanziale via libera agli sfratti dal 1° gennaio per famiglie ed esercizi commerciali, nonché alle esecuzioni forzate dei provvedimenti a seguito del mancato pagamento delle rate del mutuo per la prima casa. L’assenza di una indispensabile norma di proroga è del tutto grave e incomprensibile anche alla luce degli intendimenti emersi durante la discussione del Def e degli impegni assunti dal governo in quanto significherebbe gettare benzina sul fuoco del dilagante disagio sociale.
In assenza di risorse e politiche stabili e strutturali per la casa, a partire da un massiccio piano organico e strutturale per l’aumento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e nel bel mezzo di una pandemia che non accenna ad allentare la sua tragica presa sul paese, la ripresa delle esecuzioni degli sfratti sarebbe un colpo durissimo per la tenuta sociale e incrinerebbe ulteriormente la già debole fiducia dei cittadini e dei piccoli e medi operatori economici nei confronti delle istituzioni. Va considerato peraltro che la ripresa delle esecuzioni degli sfratti metterebbe a dura prova i Comuni che non potranno affrontare con adeguati servizi sociali questa nuova emergenza e, più in generale, le strutture di assistenza pubbliche e del privato sociale che ordinariamente intervengono per la prima tutela dei nuclei familiari sfrattati, soprattutto in presenza di minori, anziani o condizioni di precarietà economica e sociale. Infine, se consideriamo che a breve dovrebbe partire la campagna vaccinale contro il coronavirus, che secondo le previsioni del governo e del commissario Arcuri terminerebbe non prima del prossimo autunno, questo non farebbe che aggiungere un’emergenza casa aggravata a dismisura alla più generale emergenza sanitaria e potrebbe gettare il paese nel caos.
L’alternativa allo sfratto selvaggio esiste e consiste nel prevedere misure che consentano di salvaguardare la locazione evitando il contenzioso giudiziario e incentivando e agevolando con lo strumento fiscale la rinegoziazione per la diminuzione degli affitti, dando ristoro economico ai proprietari che accettano di ridurre sensibilmente i canoni oggi insostenibili, aumentando le risorse dei fondi di sostegno all’affitto e per morosità incolpevole per consentire alle parti di mantenere in vita i contratti dentro un più ampio patto sociale per la casa tra associazioni degli inquilini, associazioni dei proprietari, governo e comuni. A tal fine si deve procedere a riaprire i tavoli degli accordi territoriali sugli affitti concordati per una revisione in diminuzione dei parametri degli affitti che tengano conto delle mutate condizioni economiche indotte dalla pandemia. Sullo sfondo resta la necessità di definire in tempi brevi un Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica pluriennale sostenuto dalle risorse inutilizzate della ex Gescal e da quota parte delle risorse disponibili con il Recovery Fund. Da questa emergenza si potrà uscire solo con unità di intenti, misure adeguate e strutturali, certezze sui tempi di attuazione, semplificazione di tutte le procedure per la concessione delle agevolazioni e dei contributi agli aventi diritto.
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Fonte: cisl.it