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Il Fatto – Ristori lontani, ma con 2 punti ancora da chiarire. Il caso degli operatori dello Spettacolo

Il Decreto Ristori 5 doveva essere approvato entro fine gennaio e con la crisi politica è finito su un binario morto. Fermo, congelato per bon ton istituzionale dal Governo uscente, e in attesa che il nuovo Esecutivo prenda in mano tutti i dossier e porti a termine il lavoro ià avviato da Giuseppe Conte e la compagine precedente.

Il decreto prevedeva risorse fondamentali per dare respiro all’economia, al lavoro, alle famiglie. Ma in realtà alcuni punti erano rimasti senza una risposta definitiva: in particolare la platea e la modalità di attribuzione degli indennizzi.

Li mette in luce Il Fatto Quotidiano in edicola oggi:

“sul fronte dei contributi a fondo perduto va ancora chiarito il meccanismo per identificare la platea degli aventi diritto e calibrare l’entità delle somme da versare. Dovrebbe essere presa in considerazione la perdita di fatturato dell’intero 2020 (non più aprile 2019 su aprile 2020), ma non è chiaro se ci saranno anche paletti relativi ai codici Ateco o se verranno introdotte soglie minime molto alte per limitare la spesa. Così come potrebbero essere inclusi tra i beneficiari anche i professionisti iscritti agli Ordini”.

Sul fronte dei settori chiusi per effetto dei Dpcm, “Il Fatto” ricorda anche che vi sono gli operatori dello spettacolo (aziende, autonomi, partite Iva, occasionali, dipendenti, disoccupati, ecc.) che sono in attesa degli indennizzi e bonus, e per questi nessuna soluzione è stata ancora trovata:

tra i lavoratori in prima fila ci sono i lavoratori di spettacolo, cinema e musica. Il loro fermo dura da quasi un anno e ha causato mezzo miliardo di perdite. Oltre 50 sigle sindacali, presidi e associazioni di categoria, alla notizia del blocco del nuovo decreto hanno deciso di compattarsi denunciando la condizione d’indigenza in cui versa chi ora nel settore”.

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