Rider di tutta Italia si sono mobilitati per organizzare una guerra a carte bollate con le piattaforme di delivery, al fine di ottenere il riconoscimento del proprio lavoro come subordinato, anziché occasionale, e ulteriori tutele che garantiscano loro di lavorare in sicurezza. I rider si sono riuniti in un’assemblea online molto partecipata, durante la quale hanno discusso della propria condizione e hanno scelto di organizzare una gigantesca class action e per portare in piazza le proprie rivendicazioni.
Il quotidiano La Stampa in edicola oggi riporta le parole di Vincenzo Tammaro, rider milanese della piattaforma Deliveroo, portavoce della sua categoria:
“La nostra intenzione è fare partire delle cause. Vogliamo fare una gigantesca class action davanti ai Tribunali del lavoro. Questo non è più il lavoretto per arrotondare. Iniziamo alle 8 del mattino fino alle 2 di notte per una paga da miseria senza alcuna sicurezza. Se mi faccio male non mi paga nessuno. Se protesti non ti fanno più lavorare. Dietro agli algoritmi ci sono manager. Questo mese ho guadagnato fino ad ora appena 1.110 euro”.
La scelta dei rider avviene pochissimi giorni dalla notizia di una maxi-inchiesta della Procura di Milano – alle spalle della quale c’è anche un’azione forte dell’Ispettorato del Lavoro – che chiede per i colossi sanzioni che ammontano a 733 milioni per evasione fiscale e l’assunzione in sicurezza di 60 mila ciclofattorini. I colossi del delivery – da Glovo a Delivery a Just Eat e Uber Eat – saranno costretti ad accettare le disposizioni della procura entro 90 giorni, oltre i quali finiranno a processo, ma per il momento non si sono ufficialmente pronunciati sull’inchiesta.
Intanto, è stato indetto lo sciopero per venerdì 26 marzo, durante il quale i rider cercano la solidarietà dei clienti delle app, chiedendo di non ordinare in questa giornata come segno di solidarietà alla loro lotta.