HomeCronaca sindacaleAgroalimentare. Fai Cisl: donne traino del settore, ma parità ancora lontana

Agroalimentare. Fai Cisl: donne traino del settore, ma parità ancora lontana

Roma, 5 marzo 2021 – All’80% delle donne impiegate nell’agroalimentare e nell’ambiente piace molto il proprio lavoro, ma il 45% delle intervistate ritiene che la propria azienda non sia sensibile alle esigenze delle lavoratrici, il 53% afferma che in azienda non vengono applicate le normative volte a garantire pari opportunità e, in ogni caso, il 61% delle interpellate considera la legislazione in materia di tutela del lavoro femminile “molto inadeguata”.
Sono alcuni dei dati emersi dalla prima fase dell’indagine Fai Cisl dal titolo “Tra vita e lavoro. L’esperienza e le opinioni delle lavoratrici dell’agroalimentare e dell’ambiente”, coordinata dal sociologo Ludovico Ferro e presentata durante un webinar con l’intervento della Direttrice centrale ISTAT Linda Laura Sabbadini e un videomessaggio della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti.
Il campione, di 500 unità, utilizzato dal sindacato agroalimentare, è composto per il 60% da lavoratrici dell’industria alimentare, per il 25% dell’agricoltura e il restante 15% dei consorzi di bonifica e della forestazione. Il 78% delle donne intervistate sono operaie, delle quali il 55% stagionali. Il periodo della rilevazione va da luglio a novembre 2020, e contiene dunque anche diversi focus su come le donne hanno vissuto il lockdown dello scorso anno. “L’80% delle donne intervistate appartiene a imprese che non hanno mai interrotto le proprie produzioni, anche attivando strumenti di smartworking – ha specificato la Segretaria Nazionale della Fai Cisl Raffaella Buonaguro – ma è significativo che nel caso del lavoro a distanza l’esperienza viene giudicata comunque positiva dal 71% delle lavoratrici coinvolte. Le donne che hanno avuto questa esperienza, più che vero e proprio smartworking hanno fatto telelavoro, per questo riconoscono che ci siano ottime potenzialità per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, ma anche che è necessaria una precisa regolamentazione per portare vantaggi alle lavoratrici e alle imprese. Un motivo in più per proseguire il lavoro che abbiamo intrapreso con diversi rinnovi contrattuali per governare i cambiamenti in corso regolamentando al meglio lo smartworking, incrementando le opportunità formative, riconoscendo diritti come quello alla disconnessione”.
Alla domanda “quali siano i principali ambiti di discriminazione delle donne sui luoghi di lavoro”, le prime quattro risposte sono: disparità di trattamento salariale, eccessivi carichi di lavoro, difficoltà nella progressione di carriera e nella gestione della maternità. Significativi i dati della ricerca relativi alle molestie sui luoghi di lavoro: il 15% del campione, ben 75 donne su 500, ha risposto di aver subito molestie sul posto di lavoro, e il 23% ha dichiarato di aver avuto notizia di colleghe molestate. Alla domanda “quali siano i tre ambiti principali su cui intervenire per favorire la conciliazione tra tempi di vita e lavoro” le risposte sono state: maggiori livelli di reddito, più flessibilità nell’orario di lavoro e precisi accordi aziendali.
Conciliazione che, ha sottolineato Linda Laura Sabbadini, non è assolutamente un tema solamente femminile: “La crisi attuale – ha detto la dirigente ISTAT – ha colpito soprattutto le donne, è urgente darsi una strategia per lo sviluppo dell’occupazione femminile. Non abbiamo investito nei nidi pubblici, nel welfare di prossimità, né sulla cura della persona come carico di lavoro non retribuito che non gravi solo sulle donne. Sono nodi cruciali mai realmente affrontati, anzi, ogniqualvolta si è dovuto tagliare sul debito pubblico si è pensato che le politiche sociali fossero un costo, e non un investimento. Ora il Recovery Fund stanzia il 57% dei fondi in due aree a grande occupazione maschile, quella tecnologica e quella green. Per questo dobbiamo sostenere l’accesso delle donne alle materie scientifiche, dobbiamo coltivare una cultura della parità contro stereotipi e discriminazioni: ma sono investimenti che danno risultati dopo vent’anni, ora servono urgentemente dei contrappesi, e al primo posto deve esserci un grande piano per le infrastrutture sociali”.
Di bisogno di un “nuovo paradigma sociale e lavorativo” ha parlato, nel suo videomessaggio, la Prof.ssa Elena Bonetti, Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia. “Dobbiamo incrementare qualità e quantità del lavoro femminile – ha detto – valorizzando le competenze delle donne per renderle protagoniste di questo nuovo modello, che sia più inclusivo, sostenibile, aperto alle nuove generazioni. Ci stiamo apprestando alla redazione del primo piano strategico per la parità di genere, e il lavoro femminile sarà cardine di questo piano”.
L’incontro, organizzato dal Coordinamento Pari Opportunità del sindacato agroalimentare in occasione delle celebrazioni per la ricorrenza dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, si è concluso con l’intervento del Segretario Generale Onofrio Rota. “Anche questa ricerca – ha detto il leader della Fai Cisl – ci spinge a focalizzare le attenzioni di tutti, parti sociali, istituzioni, Governo, sulle condizioni di sfruttamento che ancora riscontrano tante lavoratrici. È importante intervenire con politiche che innalzino il livello dei redditi e gli strumenti di flessibilità, puntando sulla contrattazione e in particolare su quella decentrata. In tutto il settore agroalimentare le donne fanno da traino, ma la parità appare ancora lontana. La vera parità si realizza valorizzando i differenti bisogni delle persone e puntando sulla condivisione delle responsabilità e dei carichi famigliari”.
“Per quanto riguarda l’agricoltura – ha concluso Rota – rimane una vergogna nazionale il fenomeno del caporalato, che quando colpisce le donne si unisce anche a fenomeni di discriminazione, violenze, ricatti sessuali. È una battaglia sulla quale chiediamo anche alla Ministra Bonetti di schierarsi al nostro fianco, facendosi portavoce nel nuovo esecutivo di un rilancio delle attività di prevenzione contenute nella Legge 199 del 2016 ma anche in tante buone pratiche avviate su più territori in questi ultimi anni. Il lavoro agricolo rimane tra i più faticosi e meno remunerati eppure caratterizza un tratto importante di quel Made in Italy agroalimentare imitato e ammirato in tutto il mondo: è nell’interesse di tutti, oltre che una battaglia di civiltà, fare in modo che le categorie coinvolte abbiano maggiore riconoscimento e dignità. Anche per questo, è importante che con il prossimo Decreto Ristori sia riconosciuta un’indennità anche ai lavoratori agricoli, finora erroneamente esclusi, così come bisogna riconoscere per il 2020 le stesse giornate lavorate nel 2019 a chi non riesce a maturare i requisiti necessari per accedere alla disoccupazione agricola: la maggioranza sono donne, che avendo perso giornate di lavoro non avranno accesso a questa integrazione al reddito determinante per l’economia di centinaia di migliaia di famiglie”.

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Fonte: cisl.it

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