Il Garante per la Privacy sanziona l‘Inps per la vicenda del bonus 600 euro per le partite Iva versato ad alcuni deputati e politici locali. Ma la multa da 300mila euro non è per aver dato quell’indennità ai parlamentari e amministratori regionali o comunali, che pure essendo iscritti a forme di previdenza obbligatorie non ne avevano diritto come ha chiarito a gennaio l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro. La sanzione è per aver violato il regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali nel momento in cui i funzionari della task force antifrode hanno incrociato i dati di tutti coloro che avevano richiesto il bonus con quelli dei titolari di incarichi politici. Morale: le verifiche per scovare i furbi, stando al regolamento Ue, sono fuori legge.
Altre contestazioni riguardano il fatto di non aver “valutato adeguatamente i rischi collegati a un trattamento di dati così delicato come è quello riguardante i richiedenti un beneficio economico classificato come ammortizzatore sociale, non effettuando la valutazione di impatto sui diritti e le libertà degli interessati” e di non aver rispettato il principio di minimizzazione dei dati, perché Inps ha “avviato i controlli finalizzati al recupero dei bonus anche su tutti quei soggetti che, pur avendolo richiesto, non lo avevano percepito, visto che la loro domanda era già stata respinta per ragioni indipendenti dalla carica ricoperta”.
L’istruttoria del Garante era partita in agosto, quando è uscita la notizia sui politici che hanno preso il bonus e in seguito sul trattamento dei dati da parte della task force antifrode. Nel corso degli accertamenti l’Autorità, “pur riconoscendo che lo svolgimento dei controlli sulla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l’erogazione del bonus è riconducibile a compiti di interesse pubblico rilevante, ha riscontrato numerose criticità nelle modalità utilizzate dall’Istituto nel procedervi”.
L’istruttoria ha messo in luce che l’Inps “non ha adeguatamente progettato il trattamento e non è stata in grado di dimostrare di aver svolto i controlli nel rispetto del Regolamento, violando i principi di privacy by design, di privacy by default e di accountability“. In primo luogo, “dopo aver acquisito da fonti aperte i dati di decine di migliaia di persone che ricoprono incarichi di carattere politico, l’Istituto ha effettuato elaborazioni e incroci tra i dati di tutti coloro che avevano richiesto il bonus con quelli dei titolari dei predetti incarichi”. Ma senza aver prima determinato se ai parlamentari e agli amministratori regionali o locali spettasse o meno quel beneficio, “anche in considerazione delle differenti caratteristiche delle cariche ricoperte”. In questo modo dunque “l’Inps ha violato i principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali”. Il risultato è che il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dall’Inps e ha applicato la sanzione, oltre a prescrivere all’Istituto di cancellare i dati non necessari fino ad ora trattati ed effettuare un’adeguata valutazione di impatto privacy.
L’articolo Bonus 600 euro ai politici, il Garante Privacy sanziona Inps per 300mila euro: “Nelle verifiche antifrode violato il Regolamento Ue” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Fonte: ilfattoquotidiano.it