Era il marzo 2020. A Milano, in pieno lockdown, un giovane di 24 anni durante un controllo dichiarava in un’autocertificazione che stava tornando a casa dal negozio in cui lavorava. Una decina di giorni dopo, però, un agente aveva mandato una email al titolare del negozio, il quale aveva risposto dicendo che il ragazzo quel giorno non era di turno.
Il ragazzo si difendeva in Tribunale, che si è recentemente pronunciato con una sentenza in cui si legge «è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di “dire la verità” sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica» sul punto.
E ciò perché “un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge“ e, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo“, previsto dalla Costituzione.
Per il giudice non solo mancano una norma specifica di legge sull’obbligo di verità nelle autocertificazioni da emergenza Covid, manca anche una norma di legge che preveda l’obbligo di fare autocertificazione in questi casi, ma è anche incostituzionale sanzionare penalmente «le false dichiarazioni» di chi ha scelto «legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative».
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