Definire standard di trattamento normativo ed economico per i lavoratori impiegati nella rete del Gruppo Carrefour in Italia gestita dai franchisee. E’ la richiesta avanzata dalla Fisascat Cisl al tavolo con la direzione della multinazionale francese della Grande Distribuzione Organizzata, convocato su richiesta dei sindacati dopo l’incontro con il Ceo Christophe Rabatel. In tale occasione Carrefour aveva palesato l’obiettivo di diventare il primo franchisor italiano.
Il Gruppo in Italia, dati di consuntivo del 2020, occupa 16.287 dipendenti fra funzioni centrali e 421 negli ipermercati, market, express e cash&carry in gestione diretta. Ma la parte maggiore della rete è già oggi costituita dal franchising, con ben 1.064 punti vendita. Nella componente a gestione ~“indiretta” di Carrefour Italia, eccettuando la parte operativa nell’isola di Malta, hanno un ruolo predominante due “master franchisees”, peraltro provenienti da un analogo rapporto commerciale con Auchan: Etruria Retail (Etruria Società Cooperativa), che deterrebbe ~290 punti vendita – ubicati in 15 province fra Toscana, Umbria e alto Lazio – e con circa 3.000 lavoratori alle proprie dipendenze; Apulia Distribuzione Srl, attiva nelle regioni Puglia, Basilicata, Calabria e Molise con 350 negozi e 4000 dipendenti.
«Le difficoltà riscontrate in alcuni confronti sviluppatisi a livello locale con qualche franchisee relativamente alle condizioni del lavoro dei dipendenti trasferiti loro da Carrefour mettono in evidenza la necessità non solo di monitorare il fenomeno della cessione dei rami aziendali, ma anche, e soprattutto, di testare continuamente l’affidabilità imprenditoriale dei cessionari impegnati nella gestione diretta dei punti vendita» ha dichiarato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Vincenzo Dell’Orefice.
Per il sindacalista «sarebbe opportuno estendere degli standard comuni in termini di trattamento a quella componente della rete commerciale attiva sotto il marchio Carrefour e che la direzione aziendale definisce il “franchising puro”». Un esplicito riferimento alla situazione venutasi a creare in Calabria, dove i lavoratori impiegati in punti vendita ad insegna Carrefour, e che fino al mese di gennaio di quest’anno hanno svolto la loro attività alle dipendenze di una società, a seguito della rescissione del contratto di cessione di ramo d’azienda operata da quest’ultima, pur essendo tornati alle dipendenze del titolare sia delle licenze che della disponibilità dei locali, sono stati lasciati in un limbo, ossia senza lavoro e senza reddito.
La Fisascat, sempre in relazione alle condizioni lavorative in essere all’interno di qualche punto vendita gestito da taluni franchisee, accende inoltre i riflettori sulla coesistenza di differenti casistiche di assunzione ~per lavoratori che, pur svolgendo le stesse mansioni negli stessi negozi, risulterebbero avere datori di lavoro differenti, con ogni probabilità per via dell’appartenenza dello stesso franchisee ad aggregazioni di imprese aventi un contratto di rete.
«Senza voler demonizzare la formula del franchising o della codatorialità introdotta dai contratti di rete, il nostro sincero auspicio – ha chiosato Dell’Orefice – è che la direzione aziendale voglia cogliere l’opportunità per qualificare maggiormente il ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati nei negozi in franchising, stabilendo delle condizioni minime da includere nei format contrattuali vincolanti fra franchisor e franchisee».
«Mentre le policy aziendali di Carrefour sono molto “esigenti” nella selezione dei fornitori – ha concluso Dell’Orefice – crediamo che sul versante dei franchisee molto sia ancora da fare per assicurare condizioni di lavoro dignitose e parità di trattamento normativo ed economico per tutti i lavoratori».
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Fonte: cisl.it