Da inizio anno c’è stata una escalation di morti sul lavoro ingiustificabile, un bollettino di guerra, servono maggiori controlli e investimenti su salute e sicurezza, ci sono poi le crisi. Come emerge dal nostro recente report, sono oltre 56 mila tra lavoratrici e lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro. Sono quelli legati ai 52 tavoli di crisi nazionali aperti al Ministero dello Sviluppo Economico e ai 47 tavoli Regionali – Oggi come Fim siamo alla manifestazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil a Roma davanti a Montecitorio con i lavoratori di molte di queste aziende in crisi.Ci sono i lavoratori della Blutec ex- Fiat di Termini Imerese, Piombino JSW ex-Lucchini, ex-Alcoa, ex-Ilva, IIA, ex-Embraco, Alcar, Jabil, Bekaert, Selta, a cui si aggiungono quelli della Elica che oggi protestano a Fabriano. Decine e decine di crisi, mai risolte, con una concentrazione di situazioni critiche nel Mezzogiorno del Paese e nelle Isole maggiori quelle che maggiormente avrebbero necessità di politiche industriali che puntino alla modernizzazione delle infrastrutture e investimenti che aiutino le imprese a fare il salto tecnologico.
Ci saremmo aspettati dopo l’annus horribilis della pandemia, in un momento in cui si intravede la ripresa, maggiori risorse da parte del governo sugli ammortizzatori e la proroga dei licenziamenti. E invece, ieri eravamo in piazza SS. Apostoli con i lavoratori della Whirlpool che rischiano il 30 giugno di essere licenziati, dopo le promesse fatte dai vari governi e dalla politica di ogni schieramento su una soluzione – e oggi siamo qui a Montecitorio insieme alle altre migliaia di lavoratori delle altre categorie produttive perché rischiamo uno tsunami sociale proprio ora che il Paese prova a ripartire.
A queste poi, si sommano quelle legate ai cambiamenti e alle transizioni tecnologiche che alcuni importanti settori metalmeccanici stanno attraversando, a partire da quello dell’automotive, su cui è sempre più impellente un tavolo di confronto per la gestione della transizione ecologica e tecnologica. Ci sono poi quelle strettamente legate alla crisi covid, come il settore dell’aeronautica, in sofferenza per il calo del traffico aereo, e l’elettrodomestico mai completamente ripresosi dopo la prima ristrutturazione degli anni ’90 e quella dell’ultimo decennio di quel che restava dei gruppi storici Italiani. Vertenze che si trascinano da anni e che vanno assolutamente risolte. Non ci aspettiamo certo, che le cose si risolvano con la bacchetta magica, ma in una fase come questa in cui si comincia a vedere l’uscita dalla pandemia e la ripresa, il segnale più sbagliato che si può dare è quello di aprire ai licenziamenti. Una scelta su cui ci aspettiamo un passo indietro del governo a cui chiediamo invece, di farsi in carico di queste crisi per trovare una soluzione dentro le strategie di rilancio del PNRR per dare la possibilità a queste aziende e a questi lavoratori di superare quest’anno e agganciare la ripresa mantenendo i livelli occupazionali, per farlo serve un nuovo patto sociale e riaprire una stagione di confronto e dialogo. Il Paese riparte con il lavoro
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Fonte: cisl.it