“Siamo fortemente preoccupati per le scelte e gli indirizzi adottati recentemente da Eni, che mettono in discussione il mantenimento dell’industria e la presenza del Gruppo in Italia. La scelta di investire maggiormente all’estero indebolisce Eni come punto di riferimento e di guida per l’intera filiera industriale, con il rischio di gravissime ricadute sul piano sociale e per l’autosufficienza energetica del nostro Paese”. È quanto emerso nel corso del coordinamento nazionale Eni dei sindacati Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, svoltosi nei giorni scorsi, che ha dato il via allo stato di agitazione dei lavoratori del Gruppo. Una preoccupazione che è stata ribadita ieri, nella giornata che Cgil, Cisl, Uil hanno scelto per chiedere al Governo interventi forti sui temi legati al lavoro. “Eni – è stato detto nel corso del coordinamento – non può considerare l’Italia una sorta di bad company da sminuire di valore. Mai come in questo momento storico è necessario costruire un percorso condiviso con scelte comuni orientate alla fase della transizione energetica, verso una energia compatibile con gli indirizzi di cambiamento”. Sulla situazione del Gruppo è intervenuta anche Nora Garofalo, segretaria generale della Femca-Cisl: “Bisogna difendere la chimica dell’Eni mantenendo i siti produttivi, riconvertendo le produzioni, investendo risorse, creando prodotti competitivi. La recente scelta di chiudere le attività dell’impianto cracking di Porto Marghera, invece, va nella direzione opposta, e rischia di compromettere le linee di produzione della chimica di base, che ormai in Italia sono quasi esclusivamente di Eni. Se davvero la chiusura fosse giustificata con la volontà di migrare gli interessi verso la più innovativa chimica delle biomasse, del riciclo, della transizione energetica, vorremmo essere parte attiva di questo percorso. Ma la vicenda appare più complessa – spiega la sindcalista della Femca – e bisogna ascoltare anche la voce dei lavoratori, legittimamente preoccupati da una scelta unilaterale dalle ripercussioni pesantissime. E il Governo non può ignorare questa situazione, che avrà come conseguenza anche l’aggravamento della nostra dipendenza energetica dall’estero. La strada da percorrere è invece la valorizzazione delle competenze e delle conoscenze presenti nel nostro Paese in questa industria, capaci di consentire un rilancio economico e di sviluppare tutta l’industria manifatturiera nel solco tracciato dagli indirizzi strategici. Noi – ha concluso Garofalo – siamo pronti a mettere in campo tutte le iniziative utili a far recedere Eni dalla scelta di abbandonare il nostro Paese”.
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Fonte: cisl.it