Carenza di personale nelle case di riposo, la Cisl Funzione Pubblica chiede l’inquadramento dei dipendenti delle Rsa nel contratto della Sanità pubblica, per evitare la fuga verso le strutture pubbliche.
“Da tempo – spiega Fabio Zuglian, segretario generale della Cisl Fp Belluno Treviso – segnaliamo che, una volta passata la criticità Covid, l’emergenza più grave sarebbe stata la carenza degli infermieri, in primis a causa di una sbagliata programmazione universitaria riguardo al fabbisogno di questo tipo di professionalità. La pandemia ha poi peggiorato la situazione, perché gli ospedali pubblici, con la campagna di assunzioni straordinarie, hanno assunto decine di infermieri delle Rsa, determinando un ulteriore impoverimento delle strutture del territorio, arrivando al punto che ad oggi ci sono diverse case di riposo costrette a lasciare vuoti i letti nonostante le richieste, perché non soddisfano più i parametri relativi al rapporto fra numero di infermieri e di ospiti necessario per garantire adeguata assistenza, standard per altro già sottostimato rispetto alle attuali esigenze di assistenza degli anziani”. Il tutto, a discapito della qualità dell’assistenza, ma anche della sostenibilità finanziaria delle strutture e della qualità del lavoro degli infermieri che operano nelle case di riposo, in fuga anche da carichi di lavoro sempre più pesanti, straordinari e doppi turni. “Cisl Fp – spiega Zuglian – sostiene che questa crisi dovrebbe essere una occasione per rivalutare l’assistenza infermieristica nelle case di riposo, che dovrebbe essere garantita dal sistema sanitario pubblico: siamo convinti che una soluzione sia che gli infermieri delle Rsa vengano assunti dal sistema sanitario regionale, con conseguente applicazione del contratto di Sanità pubblica, che garantisce maggiori tutele e migliori condizioni di lavoro: salario più alto, maggiori opportunità formative, migliore orario di lavoro”.
“Una soluzione – aggiunge il segretario generale della Cisl Fnp Pensionati Belluno Treviso Franco Marcuzzo – che potrebbe ovviare a un altro grave disagio vissuto dagli anziani ospiti delle Rsa: non solo il dramma del Covid, dell’isolamento, della separazione dai familiari, ma anche continui addii al personale sanitario che per l’ospite della casa di riposo rappresenta una vera e propria famiglia”. Disagio che si aggiunge alla ancora persistente difficoltà ad accedere alle Rsa per le visite. “La situazione varia da struttura a struttura – sottolinea il segretario della Fnp – ma non siamo ancora soddisfatti e va detto che la carenza di personale pesa anche sull’applicazione dell’ordinanza del ministro Speranza”.
E se le Rsa cominciano ad aver problemi di bilancio, per Marcuzzo non vanno dimenticate le difficoltà economiche delle famiglie, acutizzate dalla crisi Covid: “Parliamo ancora di rette troppo alte – afferma il Segretario generale dei Pensionati Cisl di Belluno Treviso – chiediamo l’aumento del numero delle impegnative di residenzialità rilasciate dalle Ulss per l’accesso agevolato alle strutture per una fascia di popolazione più ampio, ricordando che in casa di riposo ci si rivolge soprattutto nei casi di non-autosufficienza”.
In tanti altri casi, anche per questioni economiche, le famiglie si rivolgono alle badanti, che ancora oggi, sottolinea Marcuzzo “si collocano in un’area del mercato del lavoro che sembra interessare solo quando le assistenti non si trovano o devono andare in ferie”. Le richieste della Fnp sono precise, a partire dalla istituzione di un Albo delle badanti a cui attingere per essere certi della formazione e della professionalità delle assistenti. “Oggi invece – spiega Marcuzzo – tutto è lasciato al libero mercato e se oggi si parla del problema delle ferie è perché non c’è una regolamentazione e affidiamo i nostri anziani a persone di cui si sa poco o niente”.
Un fenomeno sui cui soffermarsi è ad esempio quello delle “dame di compagnia”: donne comunitarie provenienti da Paesi come Polonia, Slovacchia, Romania, organizzate da enti e società nei Paesi di origine che fanno ottenere loro permessi turistici di tre mesi per raggiungere l’Italia e lavorare come badanti. Dopo tre mesi, rientrano in patria e vengono sostituite da altre. “È un lavoro non regolato – spiega il segretario dei Pensionati -, a basso costo per le famiglie, risultano ospiti ma in realtà prestano assistenza ad anziani, ai quali in questo modo viene anche a mancare la continuità affettiva. Il fenomeno è noto, ma purtroppo nessuno, a livello politico, si assume la responsabilità di valorizzare queste figure e tutelare le famiglie: una migliore qualità di questo tipo di lavoro è direttamente proporzionale ad una migliore assistenza per i nostri genitori”.
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Fonte: cisl.it