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Veneto. Cisl: “Dodici mesi di Cassa integrazione straordinaria per i dipendenti della Blm Srl”



Dodici mesi di cassa integrazione straordinaria a partire dal 25 maggio per i 111 dipendenti della Blm Srl, “braccio operativo” della Belmonte Spa, la nota camiceria con sede a Montemerlo di Cervarese Santa Croce, che la controlla al 100%. La domanda è stata inoltrata al Ministero del Lavoro dal curatore fallimentare dottoressa Alessia Zantomio. L’annuncio è stato dato nella serata di ieri nell’oratorio di Cervarese da Sergio Polzato, della Femca Cisl Padova Rovigo e Manuela De Paolis, della Filctem Cgil di Padova, durante un incontro chiesto dal sindaco Massimo Campagnolo al quale hanno partecipato anche alcune delle dipendenti della sede locale della Blm. L’azienda è titolare di negozi monomarca in diverse regioni italiane. Del 111 dipendenti 69 sono in Veneto, una quarantina dei quali nella sede di Cervarese.
Sergio Polzato ha ripercorso brevemente la storia della fortuna e del declino dell’azienda e della holding che la controlla. «Negli anni Ottanta – ha detto – la Blm, che ha cambiato pelle più volte nel corso degli anni, è stata una delle prima aziende ad attuare quelle innovazioni che non piacciono certo ai sindacati, portando la produzione all’estero e azzerando gli investimenti, per la realizzazione di prodotti con scarso valore aggiunto. Nel corso degli anni i costi aziendali sono aumentati, per l’apertura dei negozi nei centri commerciali sette giorni a settimana. L’impresa ha cominciato a soffrire già alcuni anni fa ed è riuscita a sopravvivere soltanto grazie alla disponibilità degli operai, ai quali sono stati chiesti sacrifici enormi in termini di flessibilità».
A dare il colpo di grazia, la pandemia.
Lo scorso novembre la Belmonte è stata messa in liquidazione. Liquidatore viene nominato il commercialista padovano Riccardo Bonivento, al quale la Femca chiede un incontro, insieme ad Umberto Canovese, che il tribunale ha nominato amministratore della Blm. Ma la holding ha chiuso i rubinetti e non ci sono i soldi nemmeno per pagare gli stipendi – per quanto ridotti – e per i Tfr. Dal 6 aprile scorso non apre più nessun negozio e il 25 maggio arriva la sentenza di fallimento. Giudice delegato è stata nominata la dottoressa Paola Rossi. «Il giudice – ha detto Polzato – ha condiviso la nostra richiesta di ricorrere alla Cassa integrazione straordinaria, per dodici mesi dal 25 maggio, per dare ai lavoratori la possibilità di ricollocarsi e il tempo per la formazione necessaria. Alla fine dei 12 mesi chi non avrà trovato una ricollocazione potrà accedere alla Naspi e contestualmente sarà fatto un bando per tentare di vendere il marchio e recuperare un po’ di liquidità. Il Tfr è garantito perché sarà pagato dall’Inps».
Sorge spontanea la domanda: l’azienda si poteva salvare? «L’azienda non ha mai fatto investimenti verso prodotti ad alto valore aggiunto Made in Italy – osserva Polzato – nemmeno negli anni in cui i ricavi erano sicuramente elevati. Il settore moda, il secondo per manodopera con 580mila occupati, è in crisi da tempo, con
perdite nel 2020 pari a circa il 26% del fatturato, e quello della camiceria in modo particolare e fatica a rimanere sul mercato se non propone un prodotto ad alto valore aggiunto. E’ necessario che la politica ponga maggiore attenzione a questo settore, uno di quelli che hanno sofferto di più e sul quale il governo ha da poco aperto un tavolo permanente. A marzo avevamo chiesto strumenti straordinari, per aiutare le imprese ad arrivare almeno a giugno 2022».

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Fonte: cisl.it

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