Proroga sì, proroga no. La questione della proroga del blocco dei licenziamenti, in scadenza al 30 giugno per industria e edilizia, è al centro dell’agone politico in queste settimane. Giorni fa circolava una notizia: il premier Draghi è pronto ad emanare un Decreto legge che proroga il divieto di licenziamento fino a fine agosto o forse fine ottobre almeno per i settori in crisi, si era parlato della filiera della Moda. Una proroga selettiva dunque. Vera? Fondata? Forse sì. E allora cosa manca per procedere politicamente?
Quello che mancherebbe per allungare ulteriormente il blocco sarebbe un accordo politico nell’ampia e variegata maggioranza che regge il Governo Draghi. Lo mette in luce il quotidiano la Repubblica in edicola oggi:
”Il premier Draghi aveva chiesto una robusta intesa tra i partiti che giustificasse un suo nuovo intervento. Questa intesa per ora non c’è. Ne è una riprova la divisione parlamentare. In commissione Bilancio della Camera, dov’è in discussione il decreto Sostegni bis, Lega, Forza Italia e Italia Viva non hanno depositato emendamenti per riaprire la partita: un segnale di supporto alla ‘soluzione Draghi’ di sbloccare dal primo luglio, come già previsto a marzo, i licenziamenti per le grandi imprese. Al contrario Pd, M5S e LeU chiedono di intervenire, spostando il blocco – rispettivamente – al 30 settembre, al primo settembre e al 31 ottobre. Il Pd propone una doppia soluzione: una proroga generalizzata ma con l’intesa delle parti sociali e un’altra ‘selettiva’ per i settori in difficoltà. In questo secondo caso un consenso trasversale potrebbe arrivare, anche la Lega non sarebbe contraria (a parole). Ma tra il dire e il fare passa molta propaganda. E allora non ci si mette d’accordo neppure su come identificare i settori in crisi, a partire dalla filiera del tessile-abbigliamento-pelletteria: guardando al tiraggio della Cassa integrazione o al calo del fatturato? D’altro canto, le previsioni sui possibili licenziati dal primo luglio sono stati ridimensionate a 70 mila dall’Ufficio parlamentare di bilancio. Bankitalia ne prevedeva 577 mila, di cui però 200 mila legati a una recessione che si sta riassorbendo”.
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