L’Italia è agli ultimi posti nella classifica per quanto riguarda la parità salariale tra uomo e donna. Proprio questo è stato un tema molto discusso nelle giornate del G20 tenutosi a Catania il 22 e il 23 giugno, che infatti ha adottato il principio “Più e migliori posti di lavoro per le donne, pagati quanto gli uomini”.
Per risollevarsi da questa drammatica situazione, l’Italia sta adottando diverse misure. Prima fra tutte, come si legge sul quotidiano La Stampa in edicola oggi, il voto unanime dei partiti in Commissione lavoro alla Camera ieri sul disegno di legge che punta stabilire la parità salariale tra uomini e donne:
“alla Camera i partiti votano all’unanimità la legge che fissa la creazione di «nuovi meccanismi di trasparenza e garanzia per le donne lavoratrici, attraverso “il rapporto sulla situazione del personale” e la creazione di una “certificazione della parità di genere” per premiare le aziende virtuose»”.
La relatrice dell’iniziativa, la Pd Chiara Gribaudo spiega infatti che «il gender pay gap in Italia può arrivare al 20% in meno sulla busta paga delle donne, mentre solo il 28% dei manager sono donne. Peggio di noi solo Cipro».
La proposta, per ora come detto approvata solo in Commissione e quindi dovrà passare in Aula a Montecitorio, prevede importanti novità a favore delle donne come: diritto alla trasparenza dei dati da parte delle aziende per favorire percorsi virtuosi e ridurre la disparità di genere, in particolare sui salari.
Un’altra misura che il Pd vorrebbe che venisse adottata è la Tasp (tassazione agevolata del secondo percettore di reddito) per la quale Letta, Misiani e la Serracchiani hanno presentato una proposta di legge. La Stampa spiega che si tratta di “agevolazioni tributarie in favore delle lavoratrici che riprendono il lavoro dopo la maternità e di chi, nelle coppie, ha il reddito più basso”.
Sarebbe dunque una misura che agevola le famiglie a basso reddito e che prevede di destinare al secondo percettore (che nella maggior parte dei casi è appunto la donna) quella che fino a quel momento era la detrazione per coniuge a carico, trasformandola in un credito d’imposta Irpef.
Foto credit: La Presse
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