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Basilicata. Cisl: “Riforma sanitaria, serve un patto sociale per la salute centrato sul territorio”

Il 6 settembre il governo regionale presenterà la proposta di nuovo piano sanitario regionale, elaborato anche sulla base di una proposta tecnica formulata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali sulla base di un proprio studio di contesto. Nell’attesa di prendere visione del piano e poterlo compiutamente valutare nel merito, anche alla luce delle generiche indiscrezioni uscite a mezzo stampa circa il suo contenuto, la Cisl Basilicata ritiene opportuno esprimere il proprio pensiero sullo stato attuale della sanità lucana e su quelle che ritiene essere le indispensabili linee di indirizzo per un modello di sanità davvero efficace ed efficiente.

L’aumento della fragilità e della cronicità, con l’aumento dei costi che hanno determinato, insieme a ciò che la pandemia negli ultimi anni ci ha dimostrato, impongono un urgente adeguamento delle risposte assistenziali, sia sul piano clinico che su quello organizzativo-gestionale, per una riforma sanitaria che possa essere seria e credibile. Non vi è più spazio per improvvisazioni dell’ultima ora, che hanno solo il sapore del riarrangiamento; la Basilicata e i lucani hanno bisogno di una sanità competente e capace, sia nell’erogazione dei servizi che nella sua gestione e programmazione.

I nuovi modelli organizzativi che di volta in volta vengono proposti sembrano avocati ad un unico principio fondamentale: adeguamento dell’esistente, nascondendo sotto la falsa idea di una sostenibilità economica l’incapacità di pensare ad un nuovo vero modello di sanità più efficace e più efficiente la cui realizzazione ha la necessità di combinarsi con un rinnovato contesto culturale.
La posizione della Cisl oggi è la stessa espressa nel 2017 in occasione del processo di riforma che ha portato alla definizione della L.R. n. 2/2017 e del relativo processo di riordino del sistema sanitario regionale previsto dalla medesima legge, all’art. 2 (Nuovo assetto delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale); strumento attraverso il quale la Regione ha governato il sistema sanitario, sociosanitario e la rete regionale integrata dei servizi finora.

La nostra posizione critica di allora e le nostre richieste sono le stesse di oggi: pensare ad una sanità dove territorio e ospedale trovino la loro giusta collocazione in un modello organizzativo perfettamente integrato. Dobbiamo portare la medicina, la cura, l’assistenza, la prevenzione nelle case delle persone, nel territorio lucano in maniera capillare, perché è un territorio vasto, disperso, con grandi difficoltà di collegamento, e per fare in modo che gli ospedali non vengano vissuti come l’unico e solo presidio di tutela della salute.

Il fulcro di un rinnovato sistema sanitario deve essere il territorio con al centro il Distretto, luogo di programmazione e produzione dei servizi sanitari, in grado di prendere in carico il cittadino utente attraverso il potenziamento della sanità di prossimità. Si tratta di costruire un modello in grado di andare incontro alle persone e ai loro bisogni attraverso una presa in carico del paziente in maniera multidisciplinare, con un reticolo assistenziale in grado di valorizzare e potenziare l’assistenza domiciliare.

Decisiva è la riorganizzazione delle cure primarie, che si prenda carico della cronicità, che faccia prevenzione primaria e secondaria, che eviti le riacutizzazioni su cronico, che intercetti e filtri le patologie anche in acuto e che sia in grado di far giungere in ospedale solo chi ha realmente necessità dell’intervento ospedaliero, che renda possibile la tempestiva dimissione e la contestuale presa in carico da parte del territorio di tutti i pazienti, anche di quelli non autosufficienti, complessi e con bassa aspettativa di vita e che non beneficerebbero ulteriormente delle cure ospedaliere, che possa dare sfogo anche a nuove aspettative professionali (infermiere di famiglia; ospedali di comunità; consulenza specialistica all’interno della rete delle cure primarie).

Dall’altro lato, bisogna realizzare una rete ospedaliera fortemente connessa con la rete territoriale, che riesca a dare risposte efficaci in tempo reale a tutti i cittadini, offrendo un servizio di qualità, assicurando l’innovazione tecnologica che crea un vero valore aggiunto per gli utenti, riducendo gli attuali costi di gestione attraverso la correzione di ridondanze operative, la definizione di percorsi chiari ed espliciti (sia per i professionisti che per i pazienti), l’individuazione, formalmente definita, di nuove modalità di collaborazione e interazione fra i professionisti. Perché, ragionando in tal senso, non pensare ad un’idea di “Ospedali Riuniti di Basilicata” che creerebbero il substrato di ricerca clinica e scientifica a supporto della nascente facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Unibas?

Un ruolo altrettanto centrale nel servizio sanitario regionale è quello che deve svolgere il 118, che per sua stessa natura è incardinato nell’ambito territoriale e non potrebbe essere altrimenti. Svolgendo la sua funzione di cuscinetto tra territorio e ospedale è ormai riconosciuto essere come la “terza gamba” del sistema sanitario e come tale dovrebbe avere una sua indipendenza organizzativa e gestionale. Altamente incoerente con una logica di sanità moderna, il pensiero di incardinare l’emergenza-urgenza nella rete ospedaliera.

L’interesse della Cisl sulle vicende del servizio sanitario è forte. Siamo pronti ad entrare nel dibattito in maniera costruttiva al fine di costruire un patto sociale per la salute centrato sul territorio e contribuire a definire l’indirizzo più giusto per una cura del servizio sanitario regionale con la convinzione che sarebbe illusorio pensare di far fronte al mutamento dei bisogni, in un quadro di risorse finanziarie definito, senza attivare una riorganizzazione. Una riorganizzazione che non solo salvaguardi, ma anzi estenda ciò che è indispensabile per la salute, abbattendo quella spesa sanitaria che non è spesa per la salute.

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Fonte: cisl.it

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