Il rinnovo dei Contratti Nazionali di lavoro nei settori del terziario di mercato, dopo l’impatto devastante del Covid, può offrire un contributo determinante per la ripresa economica e sociale, influendo sulla “questione salariale”, dorsale fondamentale per la crescita del Paese, e sulle dinamiche di crescita della domanda interna e del Pil. Ne è convinta la Fisascat Cisl, in assise oggi a Roma, con la riunione del Consiglio Generale convocato per adempimenti statutari in presenza del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra.
Al centro della kermesse l’esame dello scenario contrattuale di riferimento, con oltre 4milioni e mezzo di lavoratori in attesa del rinnovo settoriale dopo il lungo stop delle trattative dettato dalla pandemia. Sono le lavoratrici e i lavoratori del terziario distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata, della distribuzione cooperativa, del turismo e della ristorazione commerciale, della vigilanza privata e del terzo settore socio sanitario assistenziale.
Sullo sfondo poi le principali vertenze che interessano migliaia di addetti nel settore della distribuzione commerciale, coinvolti dalle riorganizzazioni aziendali, come nel caso dei lavoratori della catena tedesca di profumerie Douglas, o, dei dipendenti di Disney Store, coinvolti dalla decisione del marchio statunitense di abbandonare l’Italia. Da ultimo il piano di ristrutturazione “lacrime e sangue” annunciato nelle scorse settimane dalla multinazionale della grande distribuzione organizzata Carrefour, con circa 800 esuberi e la cessione di 106 negozi, dove la stima dei lavoratori che si perderanno lungo la strada della trasformazione in franchising dei negozi si aggira intorno alle 1.000 unità, senza tralasciare il totale abbandono della gestione diretta nel Sud Italia.
Per il sindacalista «in uno scenario caratterizzato dalla ripresa inflazionistica e dal rischio di un ulteriore spinta che la crisi generata dalla pandemia da Covid potrebbe imprimere al dumping salariale, occorre attribuire una nuova vitalità alla funzione macroeconomica della contrattazione collettiva e costruire una politica salariale in grado di generare aumenti sufficienti a tutelare il potere di acquisto e sostenere in tal modo i consumi interni» ha dichiarato il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini.
Il sindacalista ha sottolineato «la stabilità del sistema settoriale di relazioni industriali, ben consolidato, che produce una contrattazione collettiva efficace nel commercio e nel turismo», dove i 9 contratti nazionali di riferimento siglati dalle associazioni comparativamente maggiormente rappresentative si applicano comunque al 98% dei lavoratori regolarmente assunti, quasi 3,4 milioni di lavoratori secondo gli ultimi flussi Uniemens, mentre al restante 2% di addetti sono applicati 43 accordi secondari siglati da associazioni di dubbia rappresentatività.
«La crisi può indurre le imprese ad attuare una competizione basata sull’abbattimento del costo del lavoro piuttosto che sull’incremento della produttività», ha poi aggiunto Guarini richiamando le associazioni datoriali ad «una assunzione di responsabilità sull’avanzamento dei diritti e delle tutele previsti dai contratti con il rafforzamento dei sistemi di welfare, la riqualificazione delle professionalità e un nuovo impulso alla contrattazione decentrata».
Il sindacalista è poi intervenuto al dibattito sull’introduzione del salario minimo «che nega la complessità del lavoro e le peculiarità settoriali in cui esso si articola» e «disconosce i benefici che i Ccnl assicurano: il welfare contrattuale, l’assistenza sanitaria e la previdenza complementare». Guarini non ha dubbi: «Il salario è materia dell’autonomia negoziale, la legge intervenga a supporto di questa senza minare gli equilibri che la contrattazione ha saputo costruire nel corso della storia».
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Fonte: cisl.it