Nonostante la ripresa economica sia confermata dalle imprese e ‘certificata’ dal Governo che nella Nade, con una crescita previsionale del PIL nel 2021 pari al 6% c’è ancora chi fa ricorso alla cassa integrazione.
Segno che la crisi economico-pandemica non è ancora stata superata del tutto. Non tutte le aziende hanno ripreso la produzione ai ritmi pre-pandemia, altre sono sul punto di chiusura e altre ancora, in attesa di commesse più significative, preferiscono tenere ancora sospesi i rapporti di lavoro. Il ricorso alla cassa integrazione per le aziende è, d’altronde, anche un modo per traghettarsi da una fase ad un altra, conservando una determinata posizione di vantaggio sul mercato e senza correre il rischio di doversi privare del capitale umano.
Su questo il Governo – anche se con un po’ di ritardo – è intervenuto, prorogando la cassa ingrazione Covid, per i settori in cui è ancora attiva, e per l’industria della Moda.
In particolare il Decreto Fiscale approvato il 15 ottobre scorso è così intervenuto sugli ammortizzatori sociali:
- proroga di 13 settimane di cassa integrazione con causale Covid (gratuita) per le piccole imprese del terziario, commercio, artigiani, grande distribuzione, ma anche i giornalisti, da utilizzare dal 1° ottobre al 31 dicembre, a condizione che siano state esaurite le precedenti 28 settimane di proroga della Cig Covid;
- per le aziende industriali della filiera tessile, abbigliamento, calzaturiero la proroga della cassa integrazione è di 9 settimane, anche qui utilizzabili dal 1° ottobre al 31 dicembre a condizione che siano state esaurite le precedenti 17 settimane. Anche in questo caso la Cig è gratuita.
Le aziende che fruiscono della cassa integrazione non possono procedere ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo per tutto il periodo di utilizzo.
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