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Sardegna. La proposta della Cisl sarda: “Un patto sociale per una nuova fase di crescita e di opportunità lavorative”

A partire dai dati sul Prodotto Interno Lordo in Sardegna, sul reddito delle famiglie sarde e sul mercato del lavoro, potrebbero essere necessari tre anni per tornare ai valori di crescita del 2019 e per sconfiggere gli effetti provocati dalla pandemia e dai provvedimenti adottati per contrastarla. Pure valutando l’ultima previsione del centro studi della Confindustria che prevede per l’Italia una variazione del + 6,1, e in attesa di verificare per la Sardegna il dato reale di fine anno, si è di fronte a una  lunga fase temporale  dove è indispensabile recuperare le conseguenze della crisi pandemica con  una progettualità e una strategia  di governo che solo un Patto sociale e l’unità di intenti può garantire nella individuazione degli obiettivi, nella tempestiva approvazione delle riforme e dei provvedimenti necessari, nella condivisione anche in fase attuativa, nella tempestività della spesa, nella mobilitazione delle migliori risorse umane, nella unità dei sardi per garantire un confronto e un dialogo fattivo tra Regione e Governo nazionale.
La CISL sarda propone dunque alla Regione un Patto sociale incentrato su alcuni punti prioritari per promuovere la crescita e per rilanciare il l lavoro: un Osservatorio Regione e Parti sociali ed economiche e un confronto costante sulle scelte e la spesa riguardanti le diverse fonti di finanziamento, Fondi strutturali europei, PNRR, PON( per quanto verrà trasferito in Sardegna) e Bilancio regionale; un programma pluriennale di politiche attive del lavoro basato sulla occupabilità e sulla formazione per migliorare le competenze dei lavoratori con risorse adeguate e vincolate a una loro cantierabilità per annualità; una legge quadro sulla inclusione sociale che rafforzi la legislazione esistente, quanto a misure e risorse finanziarie, in tema di lotta alle povertà e tutela e diritti degli anziani; una riforma sanitaria incentrata sulla territorialità dei servizi di prevenzione e cura, la copertura delle sedi vacanti dei medici di famiglia nelle diverse comunità, le visite tempestive e le cure per i soggetti fragili e gli anziani; l’avvio di un confronto tra Stato e Regione per un reale riconoscimento dello status di insularità e per il diritto alla mobilità delle persone e delle merci riconoscendo le pari opportunità e costi rispetto alle altre regioni del Paese.

Alcuni dati che appresso riportiamo attestano gli effetti prodotti dalla pandemia e l’esigenza di una programmazione e rapidità di spesa per ridurre i tempi della ripresa della crescita  nell’Isola. La variazione del PIL ( Prodotto Interno Lordo) in Sardegna nel 2019 è stata del +1,4 %. Sempre nel 2019 il PIL regionale era pari a 20.356 euro. Nel Mezzogiorno era pari a 18.511, nel Centro-Nord a 33.796. Nel quinquennio 2015-2019 la variazione del PIL è stata in Sardegna del + 0,7%. Da evidenziare che in Europa a partire dal 2014 era in atto una fase espansiva della economia. Il PIL per abitante della Sardegna era nel 2019 il 69% di quello della media europea. Nel 2020, in Sardegna, a seguito del diffondersi della pandemia, e in conseguenza anche dei provvedimenti adottati per contenerlo,si registra una caduta del tasso annuale del PIL del9,7%.Nel 2021, su dati SVIMEZ, la proiezione di crescita è stimata al + 3,2% e per il 2022 al 3,3%.

Da evidenziare  che nel 2020 la riduzione del reddito delle famiglie sarde è stata del – 5,1%, mentre del 10,9% è stato il calo dei consumi. Si è avuto altresì un calodegli occupati del – 4,6%, attutito dalla CIG e nonostante il blocco dei licenziamenti e le misure di sostegno alle imprese. Sempre nel 2020 il tasso di disoccupazione giovanile nell’Isola era pari al 40,9%, rispetto al 43,3% del Mezzogiorno e al 29,4% dell’Italia, mentre il più generale tasso in Sardegna era al 13,3%, rispetto al 15,9 del Mezzogiorno e al 9,2 dell’Italia. La tendenza in atto per il 2021, relativamente al mercato del lavoro e così come evidenziata dai dati del primo trimestre, è una leggera crescita congiunturale per il lavoro dipendente, con netta prevalenza del tempo determinato.

 A partire da questi dati,  come già sottolineato,potrebbero essere necessari tre anni per tornare ai valori di crescita del 2019, che pure non erano eccezionali. Ma i tempi si ridurrebbero qualora la Regione predisponesse una strategia, un programma e una capacità di spesa adeguata alla gravità del momento.

Ecco perché la CISL ritiene indispensabile e urgente che tutte le fonti di finanziamento per la crescita, lo sviluppo e il lavoro vengano attivate e i progetti cantierati con efficacia ed efficienza diverse dal passato anche recente. Ciò, lo ripetiamo, a partire dalle risorse del PNRR e dalla nuova programmazione dei Fondi strutturali europei, dal PON( Piano Operativo Nazionale che programma le risorse europee sul versante nazionale), dalle leggi nazionali e regionali. Alle politiche e agli interventi di natura più strutturale per promuovere  la crescita abbattendo le storiche diseconomie dell’Isola( energia, continuità territoriale, infrastrutturazione  e reti per garantire connessioni e collegamenti), è indispensabile affiancare misure e risorse adeguate di politica attiva del lavoro,  di formazione professionale e dell’istruzione, sia per sostenere i lavoratori in una fase di recupero del trend di crescita, sia per recuperare il divario tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle offerte dai lavoratori, sia per avviare un nuovo modello dove coesistano e s’impongano i valori delle competenze, della formazione durante tutto l’arco della vita, dell’alta formazione e della giustizia sociale.

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Fonte: cisl.it

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