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Electrolux, storia di una delocalizzazione evitata

Nel 2012 la multinazionale svedese aveva deciso di trasferire in Polonia l’intera produzione di lavatrici. Ma i sindacati dei metalmeccanici si sono opposti e hanno vinto. Oggi la situazione si è ribaltata: in aprile partirà a Susegana (Treviso) il più avanzato stabilimento d’Europa

Nove anni fa la multinazionale svedese aveva deciso di chiudere lo stabilimento di Porcia di produzione delle lavatrici in Italia e di trasferire l’intera produzione in Polonia. Alla fine di una lunga battaglia del sindacato, la decisione di rimanere e oggi il quadro si ribalta: nell’aprile 2022 si inaugurerà un nuovo stabilimento (Genesi) a Susegana per la produzione di frigoriferi da incasso: 150 milioni di euro di investimento. La Fiom, insieme agli altri sindacati metalmeccanici, Fim e Uilm e le Rsu dello stabilimento, ottiene anche la riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Due date
Per raccontare in breve la storia delle vertenze sindacali sugli stabilimenti Electrolux in Italia sono importanti due riferimenti cronologici: il 2013 e l’aprile 2022. Passato e futuro, in una vicenda che appare oggi esemplare della battaglia più generale del sindacato in difesa del lavoro e di una industrializzazione sostenibile. Questa è anche (e soprattutto) la storia di una delocalizzazione evitata, una vittoria del sindacato dei metalmeccanici che è riuscito nel corso degli anni ha costruirsi un consenso anche della politica. La storia finisce bene perché ad aprile del prossimo anno a Susegana verrà avviato un nuovo stabilimento altamente avanzato dal punto di vista tecnologico con un investimento molto importante di 150 milioni di euro.

Una fabbrica chiamata Genesi
La multinazionale svedese ha scelto un nome semplice. Si chiamerà Genesi e occuperà circa 1.300 dipendenti di cui 850 operai che lavoreranno su tre turni di lavoro di 6 ore per 5 giorni, e su due turni il sabato (che sarà gestito a rotazione tra gli operai). L’azienda ha ottenuto così l’estensione della produzione con un maggior utilizzo degli impianti rispetto alla tradizionale organizzazione, ma la Fiom ha accettato in cambio di una riduzione d’orario per ogni singolo dipendente: si lavorerà 36 ore a settimana, ma saranno pagate per 40 ore. “La nostra battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro dura da molti anni – spiega Alberto Larghi, segretario regionale della Fiom Lombardia e coordinatore nazionale Electrolux – abbiamo tentato in generale come sindacato anche la strada delle 35 ore ma ancora non ci siamo riusciti. In ogni caso quella dell’Electrolux per noi è stata una vertenza importante per vari motivi. Con le nostre lotte abbiamo infatti bloccato la delocalizzazione di stabilimenti italiani che il gruppo svedese aveva tentato di mettere in atto nel 2012”.

Una lunga battaglia
Alberto Larghi ci ha ricordato la lunga vertenza che si è sviluppata tra il 2012 e il 2013 in risposta all’annuncio di Electrolux di voler delocalizzare la produzione dello stabilimento di Porcia in Polonia, un paese che risulta tuttora al primo posto tra i produttori di elettrodomestici in Europa (al primo posto nel mondo ci sono i cinesi). In quell’anno, nel 2012, Electrolux avanzò l’idea di abbandonare l’Italia a causa della insostenibilità della concorrenza con altri gruppi su prodotti specifici tipo per esempio le lavatrici da esterno (quelle che teniamo sul balcone per intenderci). La concorrenza era (ed è tuttora) fortissima e non riguardava solo altri gruppi industriali ma interi sistemi nazionali. La Turchia e la Corea sono due esempi di produttori agguerriti che si avvalgono di costi bassi di produzione. Il gruppo svedese spiegò ai sindacati che l’unica strada sarebbe stata quella della delocalizzazione e riduzione del salario per abbattere i costi e divenire quindi competitivi. “Noi però non accettammo quel gioco – dice Alberto Larghi – avviammo una lunghissima mobilitazione. Ci sono state assemblee, picchetti, tante ore di sciopero. Alla fine ce l’abbiamo fatta e lo stabilimento di Porcia venne salvato. Ci fu anche l’intervento governativo che partendo da quella vertenza riaprì la decontribuzione delle ore del contratto di solidarietà. Una norma che venne poi utilizzate da molte altre aziende di dimensione di interesse nazionale”. Da quell’accordo scaturì un lavoro del sindacato per ridefinire l’intero modello organizzativo e cominciare a progettare un futuro senza delocalizzazioni e tagli ai posti di lavoro.

Gli sviluppi
Dopodiché ci avviciniamo all’oggi. Nel 2019 l’azienda ha in linea di massima confermato i volumi che sono cresciuti nel 2020 e gli investimenti previsti a marzo del 2018 per gli stabilimenti di Forlì, Porcia e Cerreto (nuova acquisizione del gruppo che produce cappe di cucina) e con l’accordo di giugno per lo stabilimento di Susegana, con i 150 milioni di investimento per la nuova fabbrica trevigiana. Riguardo lo stabilimento di Solaro, Electrolux aveva comunicato che il calo di volumi legato alla perdita di 2 grossi clienti – uno in Europa, l’altro in Nord America – ha provocato un calo di circa 150 mila pezzi che ha determinato, per il 2019, una “eccedenza” di 160 lavoratori rispetto a un totale di 660 dipendenti. Per affrontare ciò l’azienda ha annunciato un piano di investimenti per circa 56 milioni nel triennio 2020-22 in processo e prodotto per lo stabilimento milanese, ma allo stesso tempo la necessità di un accordo con sindacati e governo che poi ha garantito ammortizzatori sociali per tutto il 2020, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. A settembre del 2020 si è tenuto a Mestre l’incontro del coordinamento sindacale del gruppo Electrolux per un aggiornamento e un confronto sulla situazione del gruppo. Per la parte relativa al gruppo Electrolux – stabilimenti di Porcia, Susegana, Solaro e Forlì – è emersa una situazione di ripresa dei volumi tale da garantire complessivamente il budget produttivo definito prima del manifestarsi del Covid-19.

Anche Solaro tiene
Per quanto riguarda lo stabilimento di Solaro, che produce lavastoviglie per il mercato europeo e Usa, sono stati confermati importanti investimenti per il triennio 2020-22. Dopo una fase di forte calo dei volumi tra il 2017 e 2019, vi è stata, su questo prodotto, una significativa crescita di vendite che si allinea a quella degli altri prodotti del domestico, che ha garantito i livelli occupazionali pre-esistenti, assunzioni per circa 120 lavoratrici e lavoratori a termine e che ha messo all’ordine del giorno il tema delle stabilizzazioni di una parte di essi. Novità anche sulla contrattazione di secondo livello. Dopo nove anni (2007) dall’ultimo contratto integrativo di gruppo, nel 2021 è stato siglato un accordo che innova il sistema di relazioni sindacali, aggiornando il testo unico e aumenta le retribuzioni delle lavoratrici e lavoratori. E ora siamo al presente. Anzi al futuro: la prossima tappa è fissata per l’aprile del 2022 a Susegana, quando partirà ufficialmente Genesi.

SCHEDA: UNA MULTINAZIONALE TRA DELOCALIZZAZIONI E SOSTENIBILITA’

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Fonte: fiom-cgil.it

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