La NASpI a cui accederanno i lavoratori stagionali che hanno prestato servizio durante la stagione estiva va necessariamente prorogata con un provvedimento ad hoc. A chiederlo è l’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali attraverso una lettera-appello inviata a parlamentari e Istituzioni competenti, come il Ministero del Lavoro, con la quale si denuncia che i contratti di lavoro sono stati brevi, per cui sarà breve anche il periodo di tutela Inps.
Da qui la richiesta di una proroga come ci spiega il presidente Giovanni Cafagna.
“Secondo un sondaggio rappresentativo fatto dall’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali – si legge nell’appello – su mille lavoratori stagionali intervistati solo il 6% è riuscito a lavorare almeno sei mesi, il 35% ha lavorato cinque mesi e il restante dai quattro mesi in giù, nel 2019 invece erano oltre il 40% a lavorare almeno sei mesi, di conseguenza il già fragile sostegno economico – la naspi – introdotto nel 2015 quest’anno si rivelerà insufficiente per sostenere questa categoria di lavoratori, lasciando scoperti da alcuna entrata economica quattro lunghissimi mesi in attesa del ritorno della stagiona turistica che ricordiamolo non inizia mai prima della Pasqua”.
Insomma la crisi pandemica non è andata in soffitta, nonostante dati e previsioni dicono altro, e la dimostrazione sta proprio nel fatto che i contratti stagionali la scorsa estate sono stati più brevi: non oltre i 6 mesi, spiegano da ANLS. Per cui anche il periodo di copertura NASpI è più breve. Molte scadenze del trattamento Inps si verificheranno all’incirca nel periodo tra dicembre 2021 e gennaio 2022, con la conseguenza che da allora in poi gli stagionali rimarranno senza sostegno al reddito.
“È quindi necessario intervenire nell’immediato prolungando la durata della naspi – dicono da ANLS – per i lavoratori assunti con la tipologia di stagionale che possono fare valere almeno 3 mesi di contratto, istituendo un ammortizzatore sociale che garantisca un meccanismo di calcolo di una giornata di sussidio per ogni giornata di lavoro fino a un massimo di sei mesi”.
Stiamo parlando, come sottolinea la nota, di oltre mezzo milione di lavoratori stagionali che vivono e lavorano soprattutto nelle grandi zone turistiche di mare di regioni come Campania, Sicilia, Sardegna, Toscana, Puglia e il litorale romagnolo.
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