Nel giorno della Festa del Lavoro arriva l’analisi drammatica delle condizioni di lavoro in Italia, raccolte da una ricarca inedita di Svimez, centro studi sullo sviluppo del Mezzogiorno, che ancora una volta mette in luce il divario, nord- sud, uomini-donne, tutelati-non tutelati, in particolare sul fronte salariale.
Gli stipendi e le tutele in genere sono fermi da anni, “si salvano solo statali e laureati“.
Ecco quanto scrive in proposito il quotidiano la Repubblica in edicola oggi:
“La retribuzione annua di un dipendente è di 15 mila euro al Sud contro i 22 mila del Nord, sotto di un terzo. Per le donne va anche peggio perché hanno il doppio gap, di territorio e di genere: guadagnano meno degli uomini (il 27% in media nazionale) e ancora meno se al Sud. Non c’è da stupirsi dei bassi salari, stagnanti dal 2008 – cresciuti di tre punti contro i 22 della media Ue – scrive la Svimez, considerata l’evoluzione «patologica» della precarietà in Italia. Non solo contratti a termine, ma anche la loro persistenza nel tempo e l’esplosione dei contratti stabili per finta, cioè a tempo indeterminato ma a part-time involontario. Da strumenti di conciliazione tra vita e lavoro, questi contratti sono diventati delle trappole di povertà. Siamo passati da 1,3 milioni nel 2008 a 2,7 milioni di lavoratori co- stretti a poche ore di impiego, quasi raddoppiati. Al Sud da 490 mila a 900 mila. Qui l’80% di tutti i part-time è non voluto, quattro su cinque al Sud lavora poco, ma non per scelta. Specie le donne del Sud che registrano un’incidenza altissima, la più alta d’Italia, il 24% contro il 19,6%”.
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