Meno aziende agricole ma più grandi. È quanto emerge dal 7° Censimento generale dell’Agricoltura, i cui risultati sono stati resi noti lo scorso 28 giugno dall’Istat. La raccolta dei dati, avvenuta da gennaio a luglio 2021 con riferimento all’annata agraria 2019-2020, ha coinvolto 1,7 milioni di aziende operanti nel settore sparse su tutto il territorio italiano.
Il Censimento fotografa un Paese in cui si le aziende agricole si sono ridotte di numero più o meno in tutta la penisola. Secondo quanto scritto nel report, in 38 anni sono scomparse 2 aziende su 3. I maggiori cali si sono registrati in Campania, i dati più favorevoli provengono invece da Trentino Alto Adige e Lombardia.
Contestualmente, la dimensione media delle aziende agricole è più che raddoppiata: la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) è passata da 5,1 a 11,1 ettari medi per azienda. Fanno eccezione la Toscana (-15,2%) e la Basilicata (-11,1%).
Un settore, quello agricolo, che in Italia risulta avere una forte impronta familiare, in particolare nel Mezzogiorno. Nel 2020 quasi la totalità delle aziende agricole era a conduzione familiare (98%), mentre il 47% della forza lavoro era rappresentata da manodopera non familiare, incorporata progressivamente. Percentuale che in 10 anni è raddoppiata. Si riduce invece l’intensità di manodopera. Dal 2010 ad oggi si è persa infatti il 28,8% della forza lavoro complessiva e, in riferimento agli addetti, il 14,4% in termini di giornate standard lavorate.
Agricoltura italiana 2022: punti di forza
Secondo quanto emerge dal report, meno di un’azienda agricola su 5 ha dichiarato di aver subito particolari conseguenze dall’emergenza sanitaria da Covid-19 (17,8%). Il settore agricolo ha dimostrato quindi un buon livello di resilienza agli effetti della pandemia. La dimensione aziendale ha influito notevolmente sulla gestione della crisi sanitaria: contro ogni pronostico, sono state le aziende più piccole ad aver superato meglio la pandemia.
Pandemia che in alcuni casi si è trasformata da minaccia in opportunità. Nel settore primario, infatti, la pandemia ha prodotto ripercussioni negative proprio su alcune delle principali attività non strettamente agricole: per questo motivo, nel 2020 il 5,7% delle aziende agricole ha diversificato l’offerta, dedicandosi ad altre attività remunerative connesse a quelle agricole. Importante, per esempio, l’attività di agriturismo.
Agricoltura italiana 2022: punti di debolezza
C’è ancora molto da lavorare sul fronte della digitalizzazione, nonostante una crescita repentina nell’ultimo decennio. Dal 2010 a ora, le aziende che si sono dotate di apparecchiature informatiche sono passate dal 3,8% al 15,8%. Boom in particolare al Sud, che tuttavia rimane penalizzato rispetto al resto della Penisola.
Come è facilmente intuibile, le aziende agricole più propense ad adottare tecnologie digitali sono quelle più grandi e a conduzione giovanile. In particolare, le aziende agricole i cui dirigenti hanno più di 65 anni registrano un tasso di digitalizzazione fermo al 7,6%, mentre quello delle aziende la cui leadership è esercitata da persone fino a 44 anni sale al 32,2%.
Anche l’innovazione non va meglio: nel triennio 2018-2020, solo 1 azienda su 10 ha effettuato investimenti volti a innovare una o più fasi o tecniche della produzione. In questo caso, il livello di istruzione settoriale incide positivamente.
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