I lavoratori chiamati al voto il prossimo 25 settembre si orienteranno a favore dei principali partiti candidati, ma da loro il PD prenderà meno consensi.
A sostenerlo è un’indagine condotta da Cluster17 per Il Fatto Quotidiano che nell’edizione odierna scrive:
“Decenni di desertificazione nel rapporto tra i partiti di sinistra e i settori popolari troveranno la definitiva consacrazione nel voto del 25 settembre. Il Pd è quasi irrilevante nel voto operaio, dove non raggiunge il 10%. Ancora peggio, in termini comparativi, il risultato dell’alleanza tra Verdi e Sinistra (1%). Il Movimento 5 Stelle, che sta tentando di convincere questo elettorato con un programma “di sinistra”, si issa fino al 20%. Un buon risultato, ma comunque inferiore a quello di Fratelli d’Italia (28%) e Lega (21%). I Cinque Stelle sono il primo partito tra lavoratori autonomi, commercianti e artigiani (21%) e anche tra gli “economicamente inattivi”, giovani e disoccupati: Conte e i suoi arrivano al 18%. Invece il Pd, come prevedibile, ha il suo bastione elettorale, oltre che nei pensionati, nella borghesia benestante e acculturata: tra i dirigenti e nelle professioni intellettuali il partito di Letta ottiene il 34%”.
I dati che ci dicono che il partito guidato da Enrico Letta non è la prima scelta tra i lavoratori, confermano i primi sondaggi di luglio scorso condotti da IPSOS – dopo la sfiducia al Governo Draghi – che indicavano come le preferenze tra chi lavora, come autonomo o dipendente, andranno nella direzione di Lega e M5S.
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