Salari diversi tra uomo e donna, se citato in giudizio spetterà al datore di lavoro dimostrare che non ha violato la parità retributiva. È una delle novità stabilite dalla direttiva 2023/970 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 maggio (serie L 132), volta a rafforzare la trasparenza e le regole che colmano il divario salariale tra uomini e donne.
Tale direttiva europea, che gli stati membri devono recepire entro il 7 giugno 2026, segna una svolta anche sotto altri punti di vista. Vediamoli.
Disparità salariale: le novità della direttiva europea
La direttiva, rivolta ai datori di lavoro del settore pubblico e privato di tutta l’Unione Europea, sancisce l’obbligo di intervento delle aziende quando il divario retributivo supera il 5%. Non solo: il testo apre le porte al risarcimento delle vittime di discriminazione retributiva e cerca di garantire effettività con la previsione di un sistema sanzionatorio effettivamente dissuasivo per i datori di lavoro.
Inoltre, il principio della trasparenza retributiva va applicato non solo nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa ma anche – e qui sta la novità – prima dell’assunzione, prevedendone l’applicazione anche per i candidati a un impiego. In pratica, la retribuzione va indicata già nell’annuncio di lavoro o, al massimo, durante il primo colloquio.
I datori di lavoro dovranno anche indicare i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica (sono esonerati da quest’ultimo obbligo i datori che hanno alle loro dipendenze meno di 50 dipendenti).
Infine, le aziende con più di 250 dipendenti saranno tenute a presentare, ogni anno, una relazione sul divario retributivo di genere, mentre le aziende più piccole dovranno adempiere ogni 3 anni.