Youssef è un ragazzo quindicenne di origine senegalese che vive a Roma. Appartiene a una seconda generazione di immigrati, suo padre lavora in una pizzeria e sua madre fa le pulizie presso alcuni appartamenti di San Giovanni. Sin da piccolo, quando si riunivano i suoi parenti, li sentiva cantare e suonare la kora, quello strumento simile all’arpa che sanno suonare solo nell’Africa occidentale. Ma a Youssef non piace la musica folkloristica, cresciuto in una periferia della capitale, si era appassionato al rap e al rock.
Aveva abbandonato la scuola a soli quattordici anni perché non andava bene ed era stato bocciato in prima superiore. Così aveva iniziato a lavoricchiare come cameriere insieme al padre. Il canto a poco a poco diventa il suo sfogo e poi la sua passione, nei testi che compone, parla di lui, dei suoi genitori e del razzismo che sente verso le persone di colore. Il suo sogno nel cassetto è di diventare cantante famoso come Mahmood, ma i soldi sono pochi e non può di certo permettersi di iscriversi a una scuola di musica. Vaglia tante scuole di Roma, però i prezzi non sono alla sua portata. La madre comincia a vederlo sempre più triste e scoraggiato, gli chiede: “Youssef, perché hai quella faccia?” “Ma’” le risponde: “Ti ricordi quella scuola di musica che abbiamo visto su internet?” “Sì” risponde la madre, “Ma non ti fare troppe illusioni, l’arte non ti porta da nessuna parte, non ti fa mangiare!” “Lo so, ma io pensavo… me la potrei permettere? Ce l’abbiamo qualche risparmio?” “Risparmio? Che è una parolaccia?” Il giorno seguente, Youssef guarda i suoi amici giocare a pallone sconsolato, anche la sua ragazza si accorge che è triste e vuole sapere perché: “Lasciami in pace, tanto non potresti capire!”
Ora il ragazzo ha sedici anni e fa ancora il cameriere, ma non si dà per vinto. Un giorno, mentre cercava un altro lavoro, incontra il suo amico Gigi: “Ciao amico come va? Che fai di bello?” “Cerco lavoro come musicista in qualche locale, non si sa mai”. “Perché non ti esibisci nel mio locale? La band che suonava non viene più!” Youssef la sera si presenta lì un’ora prima, canta dalle dieci di sera a mezzanotte, intorno c’è un’atmosfera vivace, tra una birra e una pizza, i clienti aumentano e la sua musica è molto apprezzata.
Dopo pochi anni di lavoro e di sacrifici, Youssef riesce a iscriversi all’accademia di musica e arte più interessante tra quelle che aveva preso in considerazione. Con molta dedizione e con molti esercizi per migliorare la sua voce, si fa notare da vari impresari e diventa un cantante di successo. Scrive e incide diversi brani, ma inizia a frequentare brutte compagnie, a non rispettare gli eventi musicali, molte case discografiche annullano il contratto.
Si ritrova di nuovo in una situazione difficile, è a pezzi, triste e pauroso di ritornare nella condizione di povertà che conosceva bene. Per riconquistare la fiducia degli impresari e delle case discografiche, ha la geniale idea di organizzare un concerto nel locale dell’amico. Il giorno del concerto vede una grande folla di persone che erano suoi fans, prova una grande emozione ma tanto timore di fallire. Il concerto però non delude le aspettative dei suoi ammiratori, al punto che si avvicina il presidente di una casa discografica: “Ciao Youssef, quando mi firmi il contratto?”. Youssef ce l’ha fatta per questo non dimentica i ragazzi come lui.
Alessio Pinto, IIIB