Colf e Badanti, Congedo Maternità 2023 cosa Spetta?

Colf

La maternità rappresenta un momento di cambiamento della vita di ogni donna. In questo periodo la futura mamma si trova a vivere forti emozioni che vanno dalla felicità e fino alla paura: dovuto da incertezze e di non essere all’altezza.

Nel periodo di gravidanza la donna deve quindi gestire e controllare tutte queste emozioni e preoccupazioni, spesso accentuate se lavora, in questo caso sono molte le domande che si pongono:

  • fino a quando potrò lavorare?
  • per quanto tempo mi posso astenere dal lavoro?
  • qual’è il trattamento economico corrisposto da INPS durante il congedo di maternità?
  • il datore di lavoro mi può licenziare?

In questo articolo spiegheremo a tutte le future mamme, come viene regolata la gravidanza per i colf e badanti, che hanno un regolare contratto di lavoro.

Colf e badanti congedo maternità 2023: 2+3

Ai colf e badanti si applicano le disposizioni del D.Lgs n.151/2001 in materia di tutela e sostegno della maternità.

Il lavoratore domestico ha diritto al cosiddetto congedo di maternità che consiste nell’astensione obbligatoria dal lavoro.

La lavoratrice ha il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di 5 mesi:

  • 2 mesi precedenti la data presunta del parto;
  • 3 mesi dopo il parto.

Il periodo di astensione è concesso sia se il parto avviene dopo la data presunta per il periodo intercorso tra la data presunta e quella effettiva del parto; sia se il parto avviene prima della data presunta, in questo caso si avrà diritto ad ulteriori giorni di congedo non goduti prima.

Si può fruire del congedo esclusivamente dopo il parto?

Come abbiamo detto prima, la legge riconosce l’obbligo di astensione al lavoro 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto, in alternativa, si può fruire del congedo obbligatorio esclusivamente dopo il parto?

La norma consente alle lavoratrici e in questo caso anche quelle domestiche, la possibilità di astenersi dal lavoro dopo il parto, fino al 5° mese successivo.

Bisogna sottolineare però, che tale la scelta è subordinata al rilascio di un certificato medico da parte di un medico del SSN o con uno convenzionato, che vedremo più in avanti.

Congedo di maternità 2023: 1+4

E’ consentito anche alla lavoratrice, di fruire in modo flessibile il congedo di maternità.

In questo caso la gestante può scegliere di astenersi dal lavoro:

  • 1 mese prima la data presunta del parto;
  • 4 mesi dopo il parto.

Chi opta per la flessibilità, può scegliere durante l’8° mese di gravidanza di fruire del congedo di maternità esclusivamente dopo il parto, continuando a prestare il proprio lavoro fino alla data presunta.

In questo caso colf e badanti dovranno produrre entro l’8° mese il certificato medico che attesti l’assenza di rischi di salute per la mamma e il nascituro.

Colf e badanti maternità 2023: i documenti

Entro due mesi che precedono la data presunta del parto, la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro il certificato medico di gravidanza contente le seguenti informazioni:

  • dati anagrafici della lavoratrice;
  • l’indicazione del datore di lavoro, la sede di lavoro e le mansioni svolte;
  • mese di gestazione alla data della visita;
  • la data presunta del parto.

il certificato di gravidanza deve essere inviato anche all‘INPS, l’invio a quest’ultimo, avviene esclusivamente in modalità telematica direttamente dal medico del SSN o con uno convenzionato.

Per ci invece sceglie di astenersi dal lavoro esclusivamente nei 5 mesi che decorrono dalla data del parto, in questo caso la lavoratrice deve esibire la documentazione in cui viene certificata l’assenza di rischi di salute per lei e per il nascituro, fino alla data presunta o effettiva del parto, e presentarla al datore di lavoro e all’INPS entro il 7° mese di gravidanza.

Se la certificazione medica sanitaria rilasciata attesta l’assenza di nessun pregiudizio per la salute della mamma e del nascituro fino alla data presunta del parto, da tale data decorrono i 5 mesi di astensione obbligatoria (congedo di maternità) e il dritto all’indennità di maternità erogato da INPS.

Se la certificazione medica sanitaria rilasciata, attesta l’assenza di nessun pregiudizio alla salute, fino alla data presunta e comunque fino alla data effettiva del parto, la lavoratrice che continua a lavorare fino al giorno effettivo del parto, i giorni che intercorrono fra la data presunta e quella effettiva, saranno giorni che rientrano nel congedo di maternità senza però essere indennizzati da INPS in quanto sono regolarmente retribuiti dal datore di lavoro.

Colf e badanti: trattamento economico congedo maternità 2023

Durante il congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto a un indennità pagata direttamente da INPS.

L’INPS  eroga il trattamento in misura dell’80% della retribuzione convenzionale sul quale sono versati i contributi orari, compreso il rateo della 13°.

L’unico trattamento erogato è quello dell’Ente previdenziale, in quanto il CCNL non prevede per il datore di lavoro, l’integrazione dell’indennità di maternità.

Le lavoratrici domestiche, hanno però diritto all’indennità di maternità da parte dell’INPS, se risultano versati a loro carico un numero di contributi settimanali:

  • almeno 26 contributi settimanali, nei 12 mesi precedenti l’inizio dell’astensione obbligatoria;
  • 52 contributi settimanali, nei 24 mesi che precedono l’inzio dell’astensione obbligatoria.

Questo contributi possono essere anche relativi a settori diversi da quello domestico , o in alternativa.

Al fine di percepire l’indennità, la lavoratrice deve presentare in via telematica il Modello MAT-COD.SR01

Divieto di licenziamento

La norma tutela la lavatrice in gravidanza dal licenziamento.

A norma dell‘art 25 comma 3 del CCNL, dall’inizio della gravidanza e fino alla cessazione del congedo di maternità, colf e badanti non possono essere licenziate se non per giusta causa, e le dimissioni della lavoratrice presentate nello stesso periodo sono inefficaci e improduttive se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma del codice civile.

Le assenze non giustificate entro i 5 giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.

In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, ai sensi del comma 3 (art 25 CCNL), la lavoratrice non è tenuta al preavviso.