Stipendi bassi, le cause sono molteplici e in alcuni settori la situazione è più grave che in altri. La colpa va in parte ai contratti pirata, quelli firmati da sindacati privi di ogni rappresentatività, in parte alla mancanza di un salario minimo legale, ma non solo.
Se c’è chi ha sottoscritto un contratto pirata, c’è anche chi purtroppo un contratto di lavoro (né regolare né pirata) non ce l’ha proprio: sono circa 800 mila lavoratori. Si tratta di persone che svolgono lavori occasionali o non previsti dal pur consistente elenco di accordi possibili: sembra impossibile, se si considera che negli ultimi dieci anni i contratti depositati al Cnel sono passati da 555 a 1.091.
E poi c’è anche chi un contratto ce l’ha ma scaduto da anni e che dunque non adegua i salari al costo della vita: un contratto a 8 euro medi l’ora firmato nel 2013 non ha lo stesso peso di un contratto firmato oggi alla stessa cifra. Basti pensare al settore della vigilanza privata, il cui contratto è stato rinnovato a giugno 2023, a 8 anni dalla scadenza, e che fino a un mese fa prevedeva una paga media di 5,5 euro l’ora.
Rientrano tra questi i 4 milioni di lavoratori dei settori del turismo, del commercio e dei servizi che aspettano il rinnovo del loro contratto da quattro anni.
A illustrare meglio la loro situazione è il segretario dei lavoratori del turismo della Uil, Paolo Andreani, che a La Stampa di lunedì 10 luglio ha dichiarato:
«La stagione turistica è partita bene ma i lavoratori hanno bisogno di vedersi riconosciuto il lavoro», ha detto in questi giorni fornendo il dato medio delle retribuzioni nel settore: «La media è di 8-9 euro all’ora, una cifra estremamente bassa. Anche grazie a sindacati inesistenti e associazioni datoriali altrettanto inesistenti che firmano contratti al ribasso».