Chiudono i bar e i numeri sono quelli di un declino. Dal 2012 a oggi il numero delle imprese che svolgono attività di bar nel nostro Paese è diminuito di ben 20.000 unità. Lo mette in luce Fipe-Confcommercio in una nota stampa.
Si tratta di un trend che non accenna ad attenuarsi. Basti pensare che durante il primo semestre del 2023, quando le imprese che hanno avviato l’attività sono state 1.132 e quelle che l’hanno cessata 1.838, con un saldo negativo di 706 unità.
“Aperti per lo più sette giorni su sette, per una media di quattordici ore giornaliere (ma non mancano gli h24) – rileva la Fipe – i bar rappresentano uno dei servizi di maggiore prossimità presenti sul territorio“.
Nonostante la diversificazione dei modelli di consumo con la crescita degli aperitivi e i servizi serali, è lo smart working l’”imputato” numero 1, colpevo di aver dato la spallata definitiva al settore. “Lo sviluppo dello smart working e l’innovazione digitale – si legge – stanno ridisegnando i flussi di clientela dentro le città spingendo il bar alla ricerca di una nuova dimensione adattativa. Colazione, pranzo, pause, aperitivi, intrattenimento sono i punti cardinali dell’offerta del bar per un valore di 23 miliardi di euro dietro cui opera una lunga filiera di produttori e grossisti. Il bar è anche fonte di lavoro”.
I Bar sono fonte certa di occupazione con oltre 300.000 persone impiegate tra indipendenti e dipendenti. Di questi ultimi, più della maggioranza, ossia il 59%, è assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, con una prevalenza delle soluzioni part-time (59,3%). Significativa anche la presenza femminile: sei dipendenti su dieci, infatti, sono donne.