Assegno Unico, il Governo italiano potrebbe presto essere obbligato a correggere due requisiti della prestazione per i figli a carico. L’ammonizione arriva dalla Commissione Europea, la quale vede come discriminatorie due particolari condizioni di accesso alla misura:
- la richiesta di due anni di residenza;
- il requisito della «vivenza a carico».
Vediamo meglio.
Assegno Unico, Commissione Europea stabilisce due infrazioni
Per avere accesso all’Assegno Unico, tra gli altri requisiti, occorre che il richiedente sia residente in Italia da almeno due anni (anche non continuativi) e che viva nella stessa famiglia dei figli per cui si richiede la prestazione.
Secondo la Commissione Europea la legislazione italiana non tratta i cittadini comunitari in modo equo ma penalizza gli stranieri.
Questo il punto della lettera inviata al Governo italiano lo scorso febbraio, nella quale si spiegava che la richiesta di due anni di residenza e il requisito della «vivenza a carico» – necessari per l’ottenimento dell’assegno unico – «violano il diritto dell’Ue in quanto non trattano i cittadini dell’UE in modo paritario, il che si qualifica come discriminazione. Inoltre, il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari».
La normativa italiana sull’assegno unico violerebbe quindi la legge comunitaria sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori.
Già la Corte di Giustizia dell’UE aveva dichiarato discriminatoria l’esclusione dei cittadini stranieri dal diritto al contributo per i figli se residenti all’estero. Da quando esiste l’Assegno Unico, infatti, questi cittadini non ricevono più alcun beneficio per i figli rimasti a vivere nel proprio Paese di origine (per i quali invece, precedentemente, percepivano le detrazioni per i figli a carico). Inoltre, anche l’ISEE richiede il requisito della convivenza e tale prerogativa esclude gli stranieri, che spesso mantengono i figli rimasti in patria.
Proprio il fatto che l’Assegno Unico sia sotto l’occhio vigile dell’Unione Europea ha spinto il Governo a non potenziare la misura per le famiglie. «Concentrare tutte le risorse disponibili per la natalità su una misura oggetto di infrazione a livello comunitario potrebbe essere rischioso» ha spiegato la ministra per la famiglia Eugenia Roccella rispondendo alle critiche per il mancato potenziamento.