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Dipendenti Statali, le Festività che cadono di domenica non sono pagate: il motivo

Per quale motivo le festività che cadono la domenica non sono pagate ai pubblici dipendenti?

Le festività riguardano: Il Natale, Santo Stefano, Capodanno, l’Epifania, il XXV aprile, il 1° maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1° novembre, l’8 dicembre, la festa del santo patrono che durante l’anno possono cadere di domenica.

Nel privato, quando queste festività cadono di domenica, lo stipendio viene maggiorato di una giornata, ma nel pubblico impiego, invece, la giornata di ferie non viene pagata.

Per quale motivo i dipendenti P.A. non hanno questo diritto?

Molti pubblici dipendenti – tra la metà degli anni ’90 e inizio 2000 – si sono rivolti all’autorità giudiziaria per vedersi riconosciuto questo diritto.

In genere, i magistrati davano sempre ragione al dipendenti e condannavano l’amministrazione pubblica al pagamento delle festività che cadevano di domenica.

Tuttavia, con la legge finanziaria varata per l’anno 2006 il legislatore ha statuito espressamente che le festività soppresse non spettavano al pubblico dipendente.

L’articolo 1 – comma 224 – legge n. 266/2005 così recitava:

Tra le disposizioni riconosciute inapplicabili dall’articolo 69, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997 è ricompreso l’articolo 5, terzo comma, della legge 27 maggio 1949, n. 260, come sostituito dall’articolo 1 della legge 31 marzo 1954, n. 90, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica. E’ fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.

Cosa dice la Corte Costituzionale?

Dopo il varo della Legge del 2005, alcuni ricorrenti si sono rivolti alla Corte Costituzionale per far dichiarare anticostituzionale la norma.

In questo caso la Corte Costituzionale ha dato ragione allo Stato dichiarando infondata la questione di legittimità sollevata circa la costituzionalità del provvedimento adottato dal legislatore.

Infatti, malgrado il pubblico impiego stia andando verso un’equiparazione con il privato, “non contrasta con il principio di ragionevolezza «che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento», in considerazione della peculiarità del regime del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni delineato dal d.lgs. n. 165 del 2001 e dai contratti collettivi ivi richiamati” (Sentenza n. 150/2015).

In precedenza, la Corte Costituzionle, con Sentenza n. 148/2008, aveva ribadito che la pubblica amministrazione «conserva pur sempre – anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato – una connotazione peculiare», essendo tenuta «al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa»”.

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