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Il RdC non può aiutare i “Poveri per Gioco”, vale anche per l’Assegno di Inclusione

Il Reddito di Cittadinanza non può essere corrisposto a chi si è impoverito a causa del gioco. E’ questo il principio confermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 54 del 2024.

E’ quindi legittima la normativa prevista dal Decreto Legge n. 4 del 2019, convertito in legge, che prevedeva l’esclusione dal sussidio coloro che, dopo aver conseguito importanti vincite al gioco (che vanno dichiarate fiscalmente), si sono impoveriti nuovamente sempre a causa del gioco. Insomma la ludopatia non può essere tutelata dalla legge, precisa la Corte.

La Corte Costituzionale si è espressa su un caso esaminato dal Tribunale di Foggia nell’ambito di un processo penale a carico di una persona rinviato a giudizio per omessa dichiarazione delle vincite al gioco nei 2 anni precedenti la presentazione della domanda volta a ottenere il Reddito di Cittadinanza.

Il ludopatico escluso da tutti i sussidi

La legge non può aiutare chi diventa povero a causa del gioco e da questo non ne deriva una violazione del principio di uguaglianza sostanziale (art. 3, c. 3 della Costituzione) a cui la Repubblica deve tendere. E’ corretto quindi che il Reddito di Cittadinanza non sia erogato a chi si è rovinato al gioco. Né, come prevede espressamente la normativa del 2019, sia utilizzato “per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità”.

La legge non può creare una rete di salvataggio con il rischio di incentivare al gioco d’azzardo, “alimentare la ludopatia”. E’ la ludopatia l’ostacolo che la Repubblica deve rimuovere e non la povertà da ludopatia.

Niente Assegno di Inclusione a chi si è impoverisce al gioco

Il Reddito di Cittadinanza è stato abrogato a partire dal 1° gennaio 2024. Ma la normativa che lo ha sostituito, il Decreto Lavoro che istituisce l’Assegno di Inclusione, prevede disposizioni analoghe.

A partire dalla norma che prevede il divieto di utilizzare l’Assegno per le “giocate” trattandosi di una spesa voluttuaria. Il principio riconosciuto dalla Corte Costituzionale al RdC è applicata anche all’AdI, “non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere”.

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