Stellantis migra verso la Cina: produzione spostata e nuova cassa integrazione

Stellantis

Un altro pezzo di Stellantis se ne va dall’Italia. Dopo l’accordo raggiunto con la cinese Leapmotor, tali auto non verranno più prodotte in Italia, ma solo commercializzate.

Ciò comporterà inevitabilmente anche uno spostamento della produzione verso altri Paesi, non solo asiatici. E pensare che solo lo scorso gennaio Carlos Tavares, Ceo di Stellantis, aveva annunciato la produzione di un milione di veicoli in Italia entro il 2030.

La crisi italiana di Stellantis

L’anno scorso in Italia sono state prodotte 541 mila vetture, di cui 521 mila circa a firma Stellantis. Poche, per tenere insieme il sistema automotive italiano. Quest’anno si è partiti peggio, con un calo del 31% della produzione domestica delle autovetture nel mese di marzo e del 21% di media nel primo trimestre.

Numeri così non possono che far migrare il sistema produttivo verso altri Paesi: Polonia, Serbia (che accoglierà la produzione della nuova Panda elettrica dal 2027), ma anche Francia e Spagna.

Insieme alla produzione, fuggiranno anche i cervelli. Come riporta Il Sole 24 Ore di giovedì 16 maggio, in Italia si è passati dagli oltre 112 mila dipendenti nel 2000, ai 60.000 nel 2017 fino ad arrivare ai 47.200 del 2023.

Circa il 42% in meno di occupati nel settore, quasi la metà. Diretta conseguenza delle cessioni importanti susseguitesi nel corso degli anni.

Lavoratori in cassa integrazione

I sindacati metalmeccanici chiedono da settimane un incontro urgente col Governo, soprattutto dopo l’annuncio del Ceo Stellantis di spostare la produzione Leapmotor in Cina.

Nello stabilimento torinese di Mirafiori (quello da cui esce la FIAT 500 elettrica, per intendersi) “dal 2008 in avanti si è iniziato a ricorrere alla cassa integrazione e il 2024 è il 17esimo anno consecutivo di ammortizzatori sociali per i lavoratori, che nel frattempo sono dimezzati” denuncia Edi Lazzi, segretario regionale della Fiom di Torino.

Andrà sempre peggio: l’azienda ha aperto una finestra per le uscite volontarie per un migliaio di posizioni e in 300 hanno già firmato. Non solo operai, ma anche ingegneri e tecnici.