Statali, trasferimento più facile se ci sono figli piccoli

STATALI

I dipendenti statali a cui nasce un figlio potranno tornare a vivere nella propria città di residenza se per lavoro sono domiciliati altrove. Per favorire il ricongiungimento della famiglia nei primi anni di vita del minore, infatti, i giudici hanno stabilito che sia ammesso il trasferimento temporaneo dal luogo di domicilio a quello di residenza.

Trasferimento per gli statali nella città di residenza

Il caso da cui prende avvio la svolta è quello riportato da Il Messaggero di qualche giorno fa, che vede al centro una vigilessa del fuoco napoletana in forza a Firenze. Per esigenze legate alla maternità, la donna aveva chiesto il trasferimento a Napoli. Inizialmente respinto, i giudici della Corte Costituzionale hanno poi deciso che le fosse concesso di tornare temporaneamente nella terra natia.

Finora, ai dipendenti statali non era concesso il trasferimento del luogo di lavoro nella città di residenza, se questa non combaciava con il luogo di lavoro del coniuge. Secondo una legge del 2000, infatti, il trasferimento per i lavoratori pubblici è concesso solo nella provincia dove si colloca la sede di lavoro del marito o della moglie. La vigilessa del caso, per esempio, da Firenze non poteva tornare a Napoli visto che il coniuge lavorava in Molise.

Tuttavia, non si può presupporre che il bambino da accudire si trovi nella stessa provincia in cui lavora uno dei genitori. Ed è l’assunto da cui sono partiti i giudici della Consulta quando hanno concesso alla vigilessa napoletana di potersi trasferire a Napoli per avvicinarsi alla famiglia.

La decisione della Corte Costituzionale

Le vecchia legge del 2000, spiegano i giudici, non è adeguata e non tutela i nuclei in cui entrambi i genitori lavorano in regioni diverse da quelle in cui hanno fissato la residenza. Questo perché 24 anni fa tale situazione era marginale, mentre adesso grazie alle nuove tecnologie e all’incremento dei mezzi di trasporto è molto più comune.

Per tutelare la famiglia e la parità dei genitori diventa quindi necessario – spiegano i giudici – consentire ad almeno uno dei due genitori di lavorare almeno per i primi 3 anni di vita del bambino in una sede che si trova nella regione o nella provincia in cui risiede la famiglia e, quindi, è domiciliato il minore.

Pertanto, sotto questo punto di vista la sentenza è innovativa: le amministrazioni dovranno quindi consentire il ricongiungimento familiare dei coniugi a cui nasce un figlio, purché compatibile con la natura della prestazione e purché ci sia spazio negli organici.

Andrà nella direzione di una maggiore flessibilità e di un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata anche il nuovo contratto delle funzioni centrali, il cui atto di indirizzo è stato firmato dal ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.