L’Assegno di Inclusione non può essere l’unico sussidio a sostegno della povertà, ma va integrato con altre misure che tengano conto delle caratteristiche e dei bisogni della famiglia beneficiaria.
A raccomandarlo è il Comitato scientifico, che nella relazione per la valutazione del RdC pubblicata il 13 giugno scorso fornisce alle autorità delle linee guida per la gestione e l’assegnazione dei sussidi economici. Rilevando come, purtroppo, una quota significativa delle persone povere (ritenute tali dall’ISTAT) rimanga fuori dalle misure di assistenza e inclusione sociale.
Assegno di Inclusione, troppi poveri esclusi
Il Governo a guida Meloni ha sostituito il Reddito di Cittadinanza con l’Assegno di Inclusione. La platea del nuovo sussidio, però, non combacia perfettamente con quella che aveva accesso alla vecchia misura. Nonostante la soglia ISEE per l’accesso rimanga invariata a 9.360 euro, l’AdI è riservato esclusivamente alle famiglie con membri disabili, minorenni, over 60 o in condizioni di svantaggio.
Questo restringe significativamente la platea dei beneficiari rispetto alla vecchia misura. Sono infatti escluse molte famiglie che, pur trovandosi in condizioni economiche critiche, non rientrano nei nuovi criteri.
Per questo motivo, rilevano le indagini ISTAT, “la quota delle famiglie in condizioni di povertà assoluta che hanno beneficiato delle prestazioni di sostegno al reddito raggiunge il massimo del 38% nel corso del 2021 (32,3% nel 2022), per una quota equivalente al 58,7% dei beneficiari delle misure (53,4% nel 2022)“. Ciò significa che un importante numero di famiglie povere rimane totalmente escluso dalle misure economiche.
Dal comitato scientifico arriva quindi la raccomandazione di integrare l’Assegno di Inclusione con una serie di interventi personalizzati e programmi di potenziamento dei servizi.
Un pacchetto di misure personalizzato
L’Assegno di Inclusione da solo non basta e rischia di rivelarsi insufficiente. Va accompagnato a un pacchetto di misure personalizzato, pensato per rispondere in modo più efficace alle esigenze specifiche dei nuclei familiari. Esigenze che possono cambiare anche a seconda del contesto di appartenenza.
Secondo il comitato scientifico, le autorità non dovrebbero limitarsi alla mera erogazione di un sussidio. L’AdI deve essere un punto di partenza, e non di arrivo. Andrebbe visto come un “livello minimo di prestazione”, da integrare con misure ad hoc per la famiglia, partendo dal presupposto che ogni nucleo può avere esigenze diverse.
Chi di tipo prettamente economico e chi, invece, bisogni anche di natura sanitaria, assistenziale, abitativa o lavorativa. Per esempio, una famiglia potrebbe aver bisogno di assistenza medica continuativa, mentre un’altra di un supporto per trovare un alloggio adeguato.
Per questo motivo, insieme all’Assegno di Inclusione, il comitato suggerisce di predisporre dei pacchetti nazionali di misure da erogare sulla base dei singoli fabbisogni della famiglia.